Tra gli argomenti più dibattuti e meno “pubblicizzati” nel mondo scientifico, probabilmente l’origine della vita occupa uno dei primi posti in classifica. Se da una parte tra gli scienziati c’è un generico accordo sui processi chimici e fisici che avrebbero portato all’abiogenesi, cioè alla vita da molecole non viventi, diversa è la situazione per quanto riguarda il “dove” e il “quando”.

Marco Signore
Laureato a Napoli in Scienze Naturali, PhD all'Università di Bristol in paleobiologia con specializzazioni in morfologia e tafonomia, è nella divulgazione scientifica da quasi 20 anni, e lavora presso la Stazione Zoologica di Napoli "Anton Dohrn". Nel tempo libero si occupa anche di archeologia, oplologia, musica, e cultura e divulgazione ludica.
I cefalopodi sono in grado di modificare l’RNA di continuo, “aggiustando” il loro codice genetico per adattarsi al volo ai cambiamenti. Il risultato è che polpi, seppie e calamari sono capaci di adattarsi quasi immediatamente ai cambiamenti del loro ambiente, ma lo fanno a scapito dell’adattamento ad ambienti diversi: in parole povere, i cefalopodi evolvono alla lunga più lentamente perché hanno meno mutazioni, e in cambio sono capaci di editare continuamente quasi in tempo reale la loro biologia.
In passato ci è già capitato di parlare di organismi fluorescenti. L’abilità di emettere luce a lunghezze d’onda maggiori di quelle assorbite è tipica di diversi animali, ma il numero di specie a noi note con questa capacità sta aumentando sempre più grazie al progresso delle tecnologie accessibili agli studiosi; persino nei tetrapodi - cioè nei vertebrati con quattro arti - la fluorescenza si sta rivelando meno improbabile di quanto si credesse prima.
La nostra penisola non è certo luogo di scoperte zoologiche frequenti; tuttavia, anch’essa riserva le sue sorprese. Dai dati più recenti, pubblicati nel 2013, l’Italia ospiterebbe circa 53.000 specie animali, di cui circa 1.300 vertebrati; gli studiosi hanno calcolato che il 10% circa degli invertebrati ed il 5% dei vertebrati sarebbero endemici, e considerata la storia geologica recente del nostro Paese non si tratta di dati poco credibili, anzi. Nel 1907 fu descritta dalla Calabria una nuova specie di scoiattolo, che fu chiamata Sciurus meridionalis, dal pelo nero e più grosso dello scoiattolo comune.
Le strategie difensive nel mondo animale sono tantissime, e quasi tutte decisamente originali. Tra di esse, una delle più strane - e per ora circoscritta solo allo straordinario “mondo” del Madagascar e delle isole Comore, è quella di un genere di geco che gli anglosassoni chiamano “geco a scaglie di pesce”.
Gli ultimi mesi hanno visto un incremento delle scoperte paleontologiche relative a organismi prima sconosciuti o addirittura impensabili; questo grazie al progredire delle tecniche di ricerca e di raccolta, oltre che di analisi dei campioni. Ultima, ma solo in senso temporale, tra queste scoperte è forse anche una delle più importanti, almeno per chi si occupa di ricostruire una sorta di “albero genealogico” dei vertebrati, e del superphylum di cui noi facciamo parte, cioè i deuterostomi.
Gli anfibi sono tra i vertebrati più interessanti anche per la criptozoologia, perché in questo notevole gruppo di animali si trovano spesso casi di scoperte sorprendenti, come quella delle salamandre nane messicane di cui abbiamo già parlato, o questa che stiamo per descrivere.
Come abbiamo già visto in passato, la criptozoologia non si occupa certo di creature inesistenti come il bigfoot o il mostro di Loch Ness, bensì di organismi reali ma ancora non descritti dalla zoologia “ufficiale”. Lo studio degli animali nascosti calza quindi a pennello con la scoperta recentissima di alcune nuove specie di salamandra
Questo mese parliamo di un presunto avvistamento non molto conosciuto, che risale alla prima guerra mondiale. Da quegli infausti giorni le acque degli oceani sono diventate terreno di caccia di un predatore ben più terribile di qualsiasi altro animale marino: il sommergibile da guerra. Qualche settimana fa, un noto quotidiano britannico ha pubblicato una notizia che riporta in auge i mostri marini. Naturalmente, non c’è alcuna prova della veridicità dei fatti, ma si tratta di un ottimo esempio per illustrare quanto la stampa in alcuni casi preferisce raccontare una bufala per fare spettacolo più che informarsi sulla realtà.
Il colore dei dinosauri è sempre stato oggetto di discussioni tra gli studiosi, soprattutto quando finalmente grazie ai fossili ritrovati in quello che viene definito Biota di Jehol, in Cina, i dominatori del Mesozoico sono stati finalmente “liberati” dall’etichetta di lucertole giganti, e sono stati accettati come animali per lo più piumati e colorati.