La Mummia
Il ruolo dell’acqua nel tenere insieme il DNA
Vi avevano detto che a tenere insieme la doppia elica del DNA erano i legami a idrogeno tra le basi azotate. Ora, dai risultati raggiunti dagli scienziati della Chalmers University of Technology (Svezia) e pubblicati su PNAS-Proceedings of the National Academy of Sciences, un nuovo fattore si aggiunge alla valutazione della stabilità dell'acido desossiribonucleico: il suo rapporto con l'acqua. Cosa significa tutto questo e qual è l'utilità dei dati ottenuti in campi come la medicina? Seguiteci e lo capirete.
Il 99 per cento dei microbi del nostro corpo è un mistero per la scienza
Sebbene la scienza compia continui passi avanti nell'esplorazione dell'ambiente in cui viviamo, sembra che sia fortemente in ritardo quando si tratta dei nostri corpi: secondo un recente studio, infatti, più del 99 per cento dei microbi che popolano il nostro corpo sarebbe di una specie sconosciuta.
Realizzata la prima mappa generale dell'epigenoma umano, ossia di tutte quelle istruzioni che regolano il funzionamento del genoma. Se infatti, metaforicamente, possiamo pensare al genoma come a una successione di lettere, l'epigenoma contiene la punteggiatura che aiuta a decifrarne correttamente il significato.
Navigare il genoma in 3D
Arriva un robot "postino"... fatto di DNA
Il futuro delle "consegne" è già arrivato. E ci porta robot miniaturizzati fatti di DNA che sono in grado di raccogliere particelle e distribuirle in un'area diversa.
Il futuro delle "consegne" è già arrivato. E ci porta robot miniaturizzati fatti di DNA che sono in grado di raccogliere particelle e distribuirle in un'area diversa. Una tecnologia che potrebbe essere utilizzata per una vasta gamma di applicazioni: per esempio, questi robot potrebbero essere impiegati per assemblare composti chimici o per riorganizzare le nanoparticelle sui circuiti.
Robot dall'aspetto strano
Per costruire il robot, Anupama J. Thubagere e colleghi del California Institute of Technology in Pasadena, California, hanno assemblato diversi filamenti di materiale genetico e si muove lungo una traccia, una "guida" composta da una sorta di origami bidimensioale di DNA. Guardandolo, ovviamente con i giusti strumenti, il robot ha un aspetto inconsueto: si ha infatti l'impressione che possegga una "gamba", con due "piedi", e due "braccia", queste ultime usate per trasportare il suo carico. Il robot è in grado di camminare fino a quando non incontra un oggetto progettato per essere trasportato, come una molecola fluorescente progettata appositamente per legarsi alle sue braccia.
Velocità da migliorare
Il robot continua a muoversi fino a quando non incontra il punto, prestabilito, di DNA in corrispondenza del quale fermarsi e depositare il carico. Una volta completata la consegna, il robot è libero di esplorare altre posizioni della traccia di DNA e raccogliere altri carichi. Come si legge sulla rivista Science, che riporta i risultati dello studio, gli scienziati hanno trovato che questi speciali "commessi viaggiatori" avevano ognuno una probabilità di successo di circa l'80 per cento per ogni consegna. Anche se c'è da dire che non sono molto veloci, o almeno secondo gli standard del mondo macroscopico: in circa cinque minuti riescono infatti a coprire una distanza di sei nanometri. Ma gli studiosi stanno già mettendo a punto soluzioni tecnologiche, basate sempre su materiale genetico o su "motori di proteine", che riusciranno a velocizzarli.
[Immagine: credit Demin Liu]
La memoria dei batteri e la nuova rivoluzione biomedica
Il DNA fai-da-te e le previsioni genetiche a domicilio
Il DNA, l'acido desossiribonucleico, meglio conosciuto come il libretto d'istruzioni per la creazione della vita sul nostro pianeta, è da sempre riuscito a conservare le sue preziose informazioni grazie alla combinazione di sole quattro lettere: G,C, A e T, le iniziali delle quattro basi azotate che lo compongono ossia guanina, citosina, adenina e timina. In uno studio pubblicato su Science, i ricercatori della Foundation for Applied Molecular Evolution e dell'azienda Firebird Biomolecular Science hanno dimostrato che è possibile espandere il linguaggio genetico con altri quattro elementi. È stato ottenuto così il primo hachimoji DNA, un DNA di otto lettere.