Chi si è rivolto a uno specialista per modificare il proprio regime nutrizionale sa come possa essere difficile tenere traccia di tutto ciò che si mangia. Un nuovo sensore miniaturizzato, in grado di trasmettere informazioni su alcune sostanze ingerite, sviluppato dai ricercatori della Tufts University School Of Engineering, potrebbe divenire uno strumento utile per la salute di molti.
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I ricercatori della Cleveland Clinic hanno da poco pubblicato su Science Translation Medicine un articolo riguardante un nuovo metodo per ripristinare la sensazione naturale di movimento in pazienti con protesi agli arti superiori. Questa nuova tecnica potrebbe potenziare le capacità di controllo delle protesi stesse, portando alla gestione indipendente delle attività giornaliere e migliorando la qualità della vita di chi ha subito un’amputazione.
Sono tante le applicazioni tecnologiche del grafene ma gli scienziati della Northwest University hanno pensato che la sua versatilità potesse essere declinata anche in un ambito che, almeno in apparenza, sembra più frivolo: la tintura dei capelli. Probabilmente, durante i loro primi esperimenti, ispirati da pura curiosità, non avrebbero mai immaginato che i risultati sarebbero stati il contenuto di un articolo pubblicato nella rivista Chem.
Un adesivo ultrasottile ed elastico che permette di monitorare in tempo reale la nostra salute. Sembra quasi fantascienza e, invece, è il risultato delle ultime ricerche condotte all’interno di una collaborazione tutta giapponese tra università e industria.
L’introduzione di autoveicoli a guida autonoma nel traffico può contribuire a migliorarne il flusso e a diminuire il consumo di carburante. Questo secondo una ricerca della Rutgers University-Camden recentemente presentata a Washington D.C.
I ricercatori della Harvard John A. Paulson School of Engineering and Applied Sciences (SEAS) hanno sviluppato un soft robot che si muove strisciando. Come fa? La sua struttura è ispirata dalla natura, in particolare dalla locomozione dei serpenti.
Destrorse o sinistrorse. Non ci riferiamo alla capacità di utilizzare in prevalenza una delle due mani ma di particolari proprietà delle molecole. È la chiralità e un studio pubblicato su Nature Physics ci rivela un nuovo metodo per identificarla.
Meglio di un ologramma: quando una particella intrappolata dà vita a un’immagine 3D
in TecnologiaRomanzi e pellicole di fantascienza sono stati spesso la scintilla creativa che ha spinto team di scienziati verso progetti ambiziosi che, con grandi investimenti di risorse, hanno portato il futuro nelle nostre case. Nonostante decenni di ricerche, c’è qualcosa che gli studiosi non sono ancora riusciti a riprodurre: si tratta di ologrammi tridimensionali, simili a quello che compare nel primo episodio di Star Wars. Si tratta dell’ormai iconica proiezione della Principessa Leia che chiede aiuto a Obi-Wan Kenobi, coraggioso cavaliere Jedi e ultima speranza di salvare la galassia dai seguaci del Lato Oscuro della Forza. Qualcosa di molto somigliante a quell’immagine mostrata dal piccolo robot R2-D2 (C1-P8 nella versione italiana) è stata da poco ricreata nei laboratori della Brigham Young University, a Provo, nello Utah.
Vi ricordate di Baymax? Era il tenerissimo robot-infermiere del film di animazione Big Hero 6: un gigante bianco costruito con un materiale morbido. Questo simpatico personaggio era un esempio di soft robot. Scopriamo insieme cos’è la robotica soffice e quali sono i suoi campi di applicazione.
Il sole sta tramontando, stiamo leggendo il nostro libro preferito, e le foglie della pianta sulla nostra scrivania s’illuminano fornendoci la luce necessaria per proseguire la nostra attività. Questa scena potrebbe non essere tanto surreale grazie alle sperimentazioni degli ingegneri del Massachusetts Institute of Technology.