“Se vuoi scoprire i segreti dell’Universo, pensa in termini di energia, frequenze e vibrazioni”.
Questa frase di Nikola Tesla, sovente citata a sproposito da sedicenti maestri spirituali del neonato “olismo quantistico”, è in realtà foriera di una grande verità scientifica: la materia non è altro che energia, ma questo probabilmente già lo avete sentito dire tante volte. Tale equivalenza è stata espressa in modo elegantissimo da De Broglie nel suo definire la lunghezza d’onda e la frequenza delle particelle, regalandoci una grande consapevolezza. Pensiamo e percepiamo i quanti di energia aventi massa apprezzabile – e di conseguenza, seguendo De Broglie, bassa “velocità” – come “materia”, mentre vediamo e misuriamo quelli aventi massa trascurabile e altissime velocità come “luce”, o meglio radiazione elettromagnetica.
“E in mezzo cosa c’è?” viene da chiedersi. Beh, in mezzo c’è un bel po’ di energia che si trasmette con onde che non sono né abbastanza veloci da essere luce, né abbastanza lente da essere materia: le onde sonore.
Onde sonore e Musica
Questa parte dello spettro di frequenze, che va da 20 a 20 000 Hz, è sempre stata importante per la nostra specie, dato che evolvendoci ci siamo dotati di membrane capaci di risuonare con onde aventi queste frequenze: i timpani.
Come per la radiazione infrarossa, cioè il calore, e i gradienti ionici, ovvero i famosi “impulsi elettrici” del nostro sistema nervoso, noi umani siamo in grado di emettere onde sonore senza ausili tecnologici; per giunta, queste onde sono le uniche che noi possiamo emettere consciamente. Non stupisce, quindi, che la nostra specie si sia sempre impegnata a gestire queste onde, a capire i rapporti di “consonanza” e “dissonanza” tra esse, a usarle per comunicare in un’infinità di linguaggi diversi e a metterle insieme intenzionalmente per generare significati, contemporaneamente scoprendo e creando la musica.
Il legame tra Musica e Chimica
Per questa loro natura intermedia tra energia impalpabile e vibrazione materialmente tangibile, le onde sonore, e nella fattispecie la musica che di esse si avvale, saranno lo strumento utilizzato per raccontare la materia in questa rubrica, partecipando a quello che è da sempre uno sforzo comune a chimici e musicisti: la “raffigurazione dell’invisibile”, per citare Leonardo Da Vinci e Primo Levi.
Ci sono canzoni che parlano di elementi o di reazioni? Esiste una musicalità in certi processi chimici? Se anche la materia è vibrazione, possiamo traslarla nello spettro udibile e ascoltarla? Si possono sfruttare concetti chimici nella composizione di musica? E concetti armonici nello studio della materia?
Verrebbe da dire di sì, ed è questo quello che proveremo a fare qui.
D’altronde, a pensarci bene, anche escludendo il dettaglio non trascurabile che entrambe le categorie professionali si occupano di conoscere e plasmare materia virtualmente insondabile, di punti di contatto “pratici” tra il Chimico e il Musicista se ne potrebbero contare un’infinità: entrambi si occupano di riconoscimento, elaborazione ed esecuzione di pattern ripetuti che seguono leggi quantitative; a entrambi è richiesta una notevole destrezza (sia manuale che cognitiva) che devono acquisire obbligatoriamente eseguendo a lungo (e costantemente) esercizi che molti altri hanno svolto prima di loro; entrambi devono avere controllo, precisione e tempismo; a entrambi è richiesto di sovvertire quei pattern in maniera originale se vogliono essere ricordati nel loro campo…
Alla fine, gli oggetti di indagine e gli strumenti creativi del Chimico e del Musicista coincidono: proprio come diceva De Broglie, sono solo onde diverse.
