Essere grandi e grossi, si sa, ha i suoi vantaggi. È più difficile diventare la preda di qualcuno e, se siete un predatore, è più facile trovare prede e difenderle da chi vuole rubarle. Le grandi dimensioni però non portano solo benefici: scheletro e muscoli devono essere modificati per sostenere il peso e permettere all’animale di muoversi; ci sono dei limiti alle dimensioni (soprattutto sulla terraferma), e l’energia richiesta per “funzionare” è più elevata. Inoltre, fa caldo. Sì, più grosso è un animale, più produce calore, e deve escogitare sistemi per raffreddarsi.
Essere grandi e grossi, si sa, ha i suoi vantaggi. È più difficile diventare la preda di qualcuno e, se siete un predatore, è più facile trovare prede e difenderle da chi vuole rubarle. Le grandi dimensioni però non portano solo benefici: scheletro e muscoli devono essere modificati per sostenere il peso e permettere all’animale di muoversi; ci sono dei limiti alle dimensioni (soprattutto sulla terraferma), e l’energia richiesta per “funzionare” è più elevata. Inoltre, fa caldo. Sì, più grosso è un animale, più produce calore, e deve escogitare sistemi per raffreddarsi. Il problema è ben noto a grandi animali attuali come gli elefanti o i rinoceronti. Ma come facevano i dinosauri, soprattutto quelli grandi come il Tyrannosaurus? Una probabile risposta è arrivata da un gruppo di studiosi della scuola di medicina dell’Università del Missouri, capeggiata da Casey Hooliday, che hanno iniziato a studiare alcune delle aperture craniche dei dinosauri. Soprattutto nei teropodi (dinosauri “carnivori”), infatti, il cranio è alleggerito da grandi aperture, dette finestre, che sono tutt’oggi oggetto di studi e diatribe tra i paleontologi. Alcune di esse, chiamate fosse frontoparietali, erano considerate sede di attacchi muscolari, ma una recentissima revisione sembrerebbe indicare qualcosa di differente.
Muscoli o non muscoli?
Fino a oggi le fosse frontoparietali venivano considerate strutture nelle quali si potevano espandere i muscoli delle mascelle, ma Hooliday e il suo team hanno osservato con attenzione i resti ossei e la meccanica dei muscoli in diversi teropodi, riuscendo a scartare quasi certamente l’ipotesi dell’attacco muscolare. Infatti, se la fossa frontoparietale avesse alloggiato un muscolo capace di muovere le mascelle, questo avrebbe dovuto fare un giro abbastanza tortuoso lungo metà del cranio dell’animale, ipotesi abbastanza improbabile (in genere, in Natura, le soluzioni semplici sono assai più probabili di quelle complicate). Non solo, ma la superficie dell’osso è liscia, il che indica che non c’era alcun attacco muscolare, dato che di solito quest’ultimo rende la superficie ossea che lo accoglie tipicamente rugosa. Era dunque chiaro che bisognava cercare altrove la spiegazione per le fosse frontoparietali, e un buon modo per comprendere l’anatomia interna degli organismi fossili è ricorrere al cosiddetto metodo delle “parentesi filogenetiche”: in poche parole studiare i discendenti più vicini degli animali che vogliamo ricostruire. Così i ricercatori sono andati a guardare alligatori e uccelli per saperne di più.
Gli scambiatori di calore
Le fosse frontoparietali in uccelli e alligatori alloggiano vasi sanguigni e grasso e vengono usate come scambiatori di calore. Come ulteriore prova, il team di Hooliday ha usato termocamere (cioè telecamere capaci di visualizzare le temperature) su alcuni alligatori in un parco zoologico e ha verificato che le aree interessate del cranio diventano più calde o più fredde a seconda che l’alligatore debba assorbire o disperdere calore. Dinosauri col condizionatore, quindi? È probabile, ma c’è di più: in alcuni ceratopsi (dinosauri cornuti), come il Triceratops, strutture simili si trovano alla sommità del cranio in prossimità del collo, e forse servivano a cambiare il colore della pelle sopra le aree interessate. Condizionatori e comunicatori, tutto con grasso e vasi sanguigni, potrebbero quindi aver fatto parte della vita quotidiana dei dinosauri. C’è sicuramente da approfondire, come Hooliday stesso ammette, ma questa ricerca apre nuove interessanti ipotesi che ci avvicinano ancora di più al mondo dei dinosauri.
Immagine di copertina: una ricostruzione di quella che poteva essere un’immagine termografica di un T. rex con la finestra dorsotemporale che riluce nel cranio. Illustrazione di Brian Engh.
