Sapere Scienza

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Il profumo dei fiori di melo e di pero non è sempre lo stesso: un particolare patogeno batterico è in grado di modificarne l'aroma favorendo così la sua diffusione di fiore in fiore attraverso il lavoro delle api. A scoprire questa ingegnosa strategia di propagazione è stato un gruppo di ricerca delle università di Bologna e di Bolzano. I risultati dello studio - pubblicati su The ISME Journal-Multidisciplinary Journal of Microbial Ecology - mostrano come Erwinia amylovora, uno dei principali patogeni del melo e del pero, sia in grado di modificare la fragranza dei fiori negli alberi colpiti in modo che le api, ingannate dal nuovo bouquet di profumo, trasportino il batterio da una pianta all'altra.

Le api operaie dissipano l'eccesso di calore all'interno dell'alveare secondo un processo simile a quello che si verifica in umani e altri mammiferi, che rinfrescano l'organismo attraverso i vasi sanguigni e la pelle.

Il recente diesel-gate, lo scandalo delle emissioni truccate della Volkswagen, ha riportato in auge la questione dell'inquinamento causato dai fumi dei motori diesel. Un nuovo studio rivela ora che l'ossido nitrico del diesel esausto potrebbe avere un effetto deleterio sull'odore dei fiori e sulla capacità delle api di percepirlo. 

Le api sanno sempre stupirci: da loro dipendono una gran parte delle colture che permettono il nostro sostentamento grazie al loro importante ruolo di impollinatori e vivono in società dalla struttura complessa, in cui ciascun individuo svolge una funzione precisa per il bene della comunità. Ora sappiamo che, oltre che con la geometria - scegliendo la forma esagonale per le celle che costituiscono il favo - se la cavano egregiamente anche con la matematica. Lo studio pubblicato su Science Advances da un gruppo di ricercatori del Royal Melbourne Institute of Technology (Australia) e dell'Università di Tolosa (Francia), descrive come questi insetti siano riusciti a imparare a svolgere addizioni e sottrazioni.

Dentro un cucchiaino di miele si nasconde un mondo intero. I ricercatori dell'Università di Bologna avevano già pubblicato su Nature-Scientific reports, qualche mese fa, i primi risultati del loro lavoro che mostravano le molteplici potenzialità dell'analisi del DNA ambientale del prodotto delle api. Grazie a questo metodo innovativo, gli studiosi sono riusciti a isolare tracce non solo di piante e di api, ma anche di altri insetti, di diverse tipologie di funghi, e persino di virus e batteri. Una fotografia ampia e precisa della storia di quel miele, dal fiore fino all'alveare, e del vasto ambiente in cui è nato.

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