Gli scienziati dell’Università di Cambridge hanno creato un organismo vivente il cui DNA è stato interamente prodotto dall’uomo. La studio è stato pubblicato mercoledì, 15 maggio 2019, su Nature. Gli straordinari risultati raggiunti potranno porre le basi per nuovi trattamenti medici ma serviranno anche a comprendere in maniera più approfondita l’alba della storia della vita sul nostro pianeta.
Gli scienziati dell’Università di Cambridge hanno creato un organismo vivente il cui DNA è stato interamente prodotto dall’uomo. La studio è stato pubblicato mercoledì, 15 maggio 2019, su Nature. Gli straordinari risultati raggiunti potranno porre le basi per nuovi trattamenti medici ma serviranno anche a comprendere in maniera più approfondita l’alba della storia della vita sul nostro pianeta.
La genetica alla base della ricerca
Per capire meglio come hanno proceduto gli studiosi, entriamo per un attimo nel mondo della genetica. Ogni gene che compone il genoma di un organismo vivente è costituito da DNA. L’acido deossiribonucleico è, a sua volta, composto da unità più piccole, i nucleotidi, in cui ritroviamo tre componenti: un gruppo fosfato, uno zucchero (il desossiribosio) e una base azotata. Le basi azotate presenti nel DNA, che si uniscono per formare la doppia elica, sono adenina (A), timina (T), guanina (G) e citosina (C). Un gene può contenere migliaia di nucleotidi, e quindi di basi azotate, e l’ordine in cui sono disposti costituisce l’informazione genetica che verrà tradotta in amminoacidi, i mattoni delle proteine. Esse sono alla base di tutte le funzioni di un organismo vivente. Gli amminoacidi essenziali sono 20 e ogni proteina differisce per il modo in cui essi si susseguono, esattamente come ogni parola cambia a seconda della successione di lettere che la compone. Chi dice alla cellula quali amminoacidi utilizzare per fare una proteina, e in che successione? È il gene, che però è fatto di DNA. Quindi, da una sequenza di nucleotidi si deve arrivare a una fila di amminoacidi. Questo è possibile perché a ogni gruppo di tre nucleotidi (codone), corrisponde un preciso amminoacido. Ad esempio, la tripletta di basi azotate CGA corrisponde all’amminoacido arginina. Questo vale in quasi tutti gli organismi, con pochissime eccezioni. Altre tre triplette indicano alla cellula che in quel punto la proteina finisce: sono i codoni di stop. A questo punto sarebbe immediato pensare che, essendo 20 gli amminoacidi di cui un essere vivente ha bisogno, bastino 20 codoni per produrli. Il codice genetico non è così minimale e contiene molte ripetizioni, ridondanze. Gli amminoacidi, quindi, sono codificati da ben 61 codoni e ci sono 3 triplette di stop. In tutto 64 codoni.
Lo studio pubblicato su Nature
I ricercatori hanno progettato di diminuire queste ridondanze e riscrivere il genoma di Escherichia coli, un batterio che si trova normalmente nella flora intestinale di noi uomini e di altri animali e che, in alcuni casi, può divenire un patogeno. La versione modificata del genoma del microrganismo è stata programmata al computer in modo che necessitasse solo di 61 codoni per codificare tutti gli amminoacidi. Come illustra l’esempio citato nell’articolo del New York Times Science, invece di aver bisogno di 6 codoni per produrre la serina, il nuovo genoma ne utilizza solo 4 e ha solo 2 codoni di stop invece che 3. È stato un lavoro imponente, considerando la mole di dati da analizzare ed elaborare, e il nuovo genoma completamente riscritto è lungo ben 4 milioni di paia di basi: già in passato, nel 2010, un gruppo di scienziati guidati da Craig Venter aveva costruito un genoma di sintesi per un Mycoplasma mycoides ma era lungo “solo” un milione di paia di basi.
Una volta sintetizzato il DNA in laboratorio, gli scienziati di Cambridge lo hanno introdotto in una cellula batterica poco per volta, in piccoli segmenti, fino a sostituire tutto ciò che c’era di naturale.
L’E. coli alterato non è morto ed è stato in grado di crescere, seppur in maniera più lenta del normale.
Le applicazioni future
Questa ricerca apre le porte a miglioramenti nel settore biofarmaceutico: Escherichia coli è impiegato nella produzione di insulina per i pazienti affetti da diabete e di altri farmaci per malattie come la sclerosi multipla e il cancro. Allo stato attuale, se le colture batteriche subiscono una contaminazione da virus o da altri microrganismi, l’intero lotto è da buttare con conseguente perdita di tempo, materiale e denaro. Con un batterio opportunamente modificato, tale situazione potrebbe essere solo un lontano ricordo. Inoltre questa potrebbe essere la base per nuovi trattamenti e per far sì che in nuovi progetti possano essere create cellule in grado di sfornare determinati enzimi, proteine e composti.
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