Il mistero dello Yeti è (definitivamente) risolto? I peli sospetti, che alcuni finora ritenevano potenzialmente appartenenti a una misteriosa creatura himalayana sono in realtà di un orso bruno.
Il mistero dello Yeti è (definitivamente) risolto? I peli sospetti, che alcuni finora oggi ritenevano potenzialmente appartenenti a una misteriosa creatura himalayana sono in realtà di un orso bruno. Nel 2013, Bryan Sykes, docente di genetica presso la Oxford University, scoprì che due campioni di peli che stava esaminando condividevano il DNA con un’antica spece di orso, che visse tra 40 e 120 mila anni fa, e suggerì l’attuale esistenza di una creatura ibrida nell’Himalaya che potrebbe corrispondere al mito dello Yeti.
L’analisi genetica dei peli
Entrambi i campioni provenivano da regioni himalayane: uno, marroncino chiaro, apparteneva a un animale a cui un cacciatore aveva sparato 40 anni prima durante una battuta di caccia a Ladakh, nel nord dell’India, mentre l’altro, rossiccio, era stato recuperato in una foresta di bambù del Bhutan, luogo spesso descritto nelle leggende popolari come casa del migyhur, lo yeti bhutanese. Gli scienziati di Oxford trovarono in questi due campioni affinità genetica con un orso polare del Paleolitico, Ursus maritimus, che viveva all’epoca in cui l’orso bruno e l’orso polare divisero le proprie strade evolutive. Questa conclusione, suggerì che potesse esistere un misterioso animale, discendende di quella specie estinta, che fosse una sorta di incrocio tra orso bruno e polare e che avrebbe potuto dare origine alla leggenda dello Yeti.
A chi appartengono davvero i campioni di peli?
Ora, però, Eliécer Gutiérrez e Ronald Pine del Biodiversity Institute & Natural History Museum della University of Kansas, hanno effettuato nuovi studi sui campioni e i loro risultati sollevano numerosi dubbi sulle affermazioni del gruppo di Sykes (come già raccontavamo anche in questo nostro articolo): i peli sono attribuibili a un orso bruno e, poiché sull’Himalaya vivono effettivamente orsi bruni, “non esiste alcuna ragione che ci porta a credere che i campioni in questione vengano da nient’altro che da un ordinario orso bruno himalayano” si legge nello studio pubblicato sulla rivista Zookeys.