Un team di ricercatori, provenienti dalle università di Lehigh, Toronto e dalla University of California (Berkeley), ha esaminato 1000 anni di sviluppo della lingua inglese, identificando l’algoritmo che descrive il modo in cui la mente umana ha creato i differenti sensi di una singola parola. Un risultato che potrebbe portare al miglioramento dell’interazione tra esseri umani e calcolatori.
Un team di ricercatori, provenienti dalle università di Lehigh, Toronto e dalla University of California (Berkeley), ha esaminato 1000 anni di sviluppo della lingua inglese, identificando l’algoritmo che descrive il modo in cui la mente umana ha creato i differenti sensi di una singola parola. Un risultato che potrebbe portare al miglioramento dell’interazione tra esseri umani e calcolatori.
In quale modo si trasformano le parole nel corso del tempo?
Le parole raccolgono più di un significato nel corso della loro storia. Per quanto riguarda la lingua inglese, un esempio è la parola face: inizialmente riferita alla parte frontale della testa, poi anche alla parte anteriore di altri oggetti e, per finire, a uno stato emotivo (la traduzione di put on a brave face è farsi coraggio). L’obiettivo degli studiosi era l’investigazione dei processi cognitivi che creano queste famiglie di sensi. La ricerca ha portato alla definizione di un algoritmo chiamato “nearest-neighbor chaining” (algoritmo di concatenazione) quale meccanismo che meglio descrive come i significati dei vari vocaboli si siano accumulati con il passare del tempo.
Un algoritmo descrive lo sviluppo della lingua inglese
Dopo aver sviluppato gli algoritmi computazionali che predicono l’ordine temporale in cui i significati di una parola sono emersi, gli scienziati hanno testato i risultati ottenuti con un documento contenente il lessico inglese dell’ultimo millennio: l’Historical Thesaurus of English, un database esteso in cui ogni significato di una parola è contrassegnato dalla data in cui è apparso nel linguaggio. I dati ricavati suggeriscono che i significati di una parola emergono in modalità che minimizzano i costi cognitivi, ossia i costi collettivi impiegati per generare, interpretare e imparare nuovi sensi di una parola. È un meccanismo efficiente che esprime nuove idee per mezzo di un insieme compatto di vocaboli.
Capire lo sviluppo del lessico per migliorare l’interazione uomo-macchina
Questo lavoro, intitolato “Algorithms in the historical emergence of word senses” e pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), rappresenta un passo in avanti nello studio dell’elaborazione del linguaggio naturale delle macchine, il processo di trattamento di informazioni, scritte o parlate in una lingua naturale (quella delle comunità umane), da parte di un calcolatore elettronico. Per migliorare la comunicazione tra uomini e dispositivi tecnologici – pensate a quante volte le assistenti virtuali dei nostri smartphone non ci capiscono – è necessario che i computer riescano a usare le parole in maniera flessibile, seguendo gli stessi principi che guidano l’uso della lingua tra le persone. Questa scoperta potrebbe, quindi, essere uno strumento in più per perfezionare la ricerca nell’ambito del linguaggio legato all’intelligenza artificiale.
Ancora parole da decifrare nell’articolo di Maurizio Salvarani e Luca Malagoli “Codici e segreti”, della rubrica “Scienza a scuola”, nell’ultimo numero di Sapere.