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29 Mar 2018

La digestione di insetti antichi per lo sviluppo di biocombustibile (e non solo)

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Lo studio di un sistema digestivo inusuale, appartenente a un antico gruppo di insetti, sta fornendo un nuovo punto di vista nello sviluppo e produzione di biocombustibile. La ricerca, pubblicata su Nature Communications, ha rivelato come l’abilità di questi artropodi di digerire la cellulosa potrebbe essere sfruttata dall’industria per la produzione di combustibili con basso tenore di carbone, riuscendo così a ridurre le emissioni di gas serra.

Lo studio di un sistema digestivo inusuale, appartenente a un antico gruppo di insetti, sta fornendo un nuovo punto di vista nello sviluppo e produzione di biocombustibile. La ricerca, pubblicata su Nature Communications, ha rivelato come l’abilità di questi artropodi di digerire la cellulosa potrebbe essere sfruttata dall’industria per la produzione di combustibili con basso tenore di carbone, riuscendo così a ridurre le emissioni di gas serra.

 

Thermobia domestica, un insetto dato per scontato

 

L’insetto di cui stiamo parlando è la Thermobia domestica, conosciuta da tutti noi con il nome di pesciolino delle case (da non confondere con il pesciolino d’argento, Lepisma saccharina). Questa specie è appartenuta al più primitivo gruppo di insetti: comparve sulla Terra circa 420 milioni di anni fa, nel Devoniano, e la sua caratteristica è la capacità di digerire la cellulosa, infatti prospera in ambienti ricchi di carta e cartone, proprio come le librerie delle nostre case. Gli scienziati, analizzando più da vicino i processi digestivi di questi nostri “coinquilini”, hanno scoperto qualcosa di inaspettato.

 

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Come digerire la cellulosa
 

Fino a ora non si sapeva con precisione come facessero i pesciolini della casa a digerire la cellulosa in maniera così efficiente. Le analisi hanno mostrato che all’interno dei loro stomaci è presente un gruppo di proteine non caratterizzate che costituiscono il 20% degli enzimi che si occupano delle digestione dei carboidrati. Ulteriori test hanno dimostrato che le proteine in questione rappresentano una nuova classe di enzimi, chiamati monossigenasi litiche dei polisaccaridi (in inglese Lytic Polysaccharide MonoOxygenases – LPMO), in grado di attaccare i polisaccaridi cristallini. Queste molecole sembravano essere presenti solo nei funghi, batteri e virus ma questo studio ha rivelato che, effettivamente, sono diffuse anche tra gli invertebrati.

 

Dal biocombustibile al controllo degli insetti infestanti

 

Secondo i ricercatori le LPMO potrebbero essere adottate nei processi industriali per trasformare la cellulosa in zuccheri fermentabili per la produzione di biocombustibile. C’è, però, un’altra applicazione strettamente legata all’agricoltura: queste molecole sembrano essere il frutto dell’evoluzione degli enzimi che digeriscono sostanze come la chitina, la quale protegge l’apparato respiratorio degli insetti. I geni ancestrali che codificano per queste proteine sono essenziali nella metamorfosi e, interferire con le loro funzioni, è letale per questi animali. Tale aspetto, quindi, potrebbe avere implicazioni nello sviluppo di nuovi metodi di controllo per zanzare portatrici di malattie e insetti infestanti.

 

Oltre ai biocombustibili, esistono altre forme di energia amiche dell’ambiente. Una di queste è il Sole. Scopritelo insieme a noi acquistando e leggendo l’articolo “La forza del Sole” di Alessandro Massi Pavan e Vanni Lughi su Sapere di giugno 2017.

 

Image credits: The University of York

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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