Il mondo dell’infinitamente piccolo è un territorio sconfinato da esplorare per la fisica delle particelle. Tanti sono i fenomeni ancora da spiegare che potrebbero aiutarci a rendere sempre più definito il quadro delle caratteristiche della materia. Poche settimane fa, nella rivista Nature, è stato pubblicato un lavoro che spiega uno dei segreti che gli scienziati hanno cercato di svelare per ben 35 anni: perché i quark si muovono più lentamente in atomi più grandi.
Il mondo dell’infinitamente piccolo è un territorio sconfinato da esplorare per la fisica delle particelle. Tanti sono i fenomeni ancora da spiegare che potrebbero aiutarci a rendere sempre più definito il quadro delle caratteristiche della materia. Poche settimane fa, nella rivista Nature, è stato pubblicato un lavoro che spiega uno dei segreti che gli scienziati hanno cercato di svelare per ben 35 anni: perché i quark si muovono più lentamente in atomi più grandi.
Cos’è un quark?
I quark, insieme ai gluoni, sono i mattoni che di cui è fatto l’Universo: sono particelle subatomiche, le più piccole di cui siamo a conoscenza, che operano a livelli di energia maggiori rispetto ai protoni e i neutroni (detti nucleoni) di cui sono parte. I fisici avevano, quindi, teorizzato che un quark non dovesse subire l’influenza delle caratteristiche dei nucleoni o dell’intero atomo in cui si trovava. Tutto questo fino al 1983, anno in cui si osservò per la prima volta l’effetto EMC.
L’effetto EMC
Nell’ambito della European Muon Collaboration (EMC), 35 anni fa, i fisici del CERN osservarono per la prima volta quello che, in seguito, sarebbe stato definito proprio effetto EMC: nel nucleo di atomi di ferro, contenente molti protoni e neutroni, i quark si muovevano molto più lentamente di quelli presenti nel deuterio, elemento che nel suo atomo ha solo un protone e un neutrone. In altre parole, i quark che compongono i protoni e i neutroni dei nuclei atomici si comportano in modo diverso rispetto ai quark che compongono protoni e neutroni liberi (cioè che non fanno parte di un nucleo). Questo fenomeno fu poi verificato in altri esperimenti svolti presso lo SLAC National Accelerator Laboratory di Menlo Park, in California, e il Thomas Jefferson National Accelerator Facility (Jefferson Lab), a Newport News, in Virginia: tutte prove a carico della teoria per la quale più è grande il nucleo di un atomo, più lentamente i quark si muoveranno al suo interno. A questo punto ai fisici non rimaneva che scoprire perché questo accadesse. Un compito piuttosto arduo ma esistevano due possibili spiegazioni da vagliare. Per la prima tutti i nucleoni di un nucleo sono modificati in una certa misura a causa del campo nucleare medio; la seconda, invece, affermava che la maggior parte dei nucleoni non sono modificati ma alcuni di loro vengono notevolmente alterati interagendo in ciò che viene chiamato coppia correlata a corto raggio (SCR-short-range correlated) in un breve periodo di tempo: gli atomi con nuclei più grandi posseggono in maniera intrinseca più protoni e neutroni ed è anche più probabile che vi sia un più alto numero di coppie protone-neutrone, per l’appunto le coppie correlate a corto raggio. Lo studio pubblicato su Nature fornisce prove a favore di questa seconda ipotesi.
L’esperimento CLAS e il tango delle particelle
Queste coppie temporanee di nucleoni sono veramente legate all’effetto EMC e alla velocità dei quark all’interno dei nuclei? Per capirlo i ricercatori hanno raccolto per anni dati ricavati dagli acceleratori di particelle, esperimenti in cui era misurato il comportamento dei quark in particolari nuclei atomici oppure erano investigate le coppie SRC in altri nuclei, informazioni che effettivamente mostravano una chiara tendenza: più grande era il nucleo, maggiore era il numero di coppie SRC presenti e più lenti erano i quark. Degli ottimi indizi che necessitavano di un esame più dettagliato, un esperimento che confrontasse gli atomi di dimensioni differenti e permettesse la misurazione, insieme, della velocità dei quark e del numero di coppie correlate a corto raggio in ciascun nucleo atomico. Questo esperimento è stato CLAS, portato avanti presso l’acceleratore CEBAF del Jefferson Laboratory, negli Stati Uniti.
I risultati ottenuti sono coerenti con il modello teorico secondo cui protoni e neutroni allo stato libero si comportano in maniera differente rispetto a neutroni e protoni coinvolti in correlazioni a corto raggio. Proprio come in un tango, protoni e neutroni in coppie correlate, si muovono prima sovrapponendosi brevemente per poi respingersi con forza: nel momento di repulsione ciascuna particella è caratterizzata da un’energia molto più elevata di quella di particelle identiche non coinvolte in coppie correlate. “Quello che pensiamo stia succedendo è che nelle coppie correlate si crei una forte sovrapposizione dei protoni e neutroni, il che dà ai quark al loro interno più spazio e ciò li porta a muoversi più lentamente”, ha sottolineato Barak Schmookler, ex studente del MIT, ora postdoc a Stony-Brook, e primo autore del lavoro pubblicato su Nature.
La ricerca non finisce qui: il gruppo sta progettando un nuovo esperimento in cui spera di rilevare la velocità dei quark in maniera specifica nelle coppie SRC. Or Hen, professore di fisica del MIT-Massachusetts Institute of Technology e autore del lavoro, ha commentato: “Capire come i quark interagiscano è veramente l’essenza della comprensione della materia visibile nell’Universo. L’effetto EMC, anche se dal 10 al 20%, è qualcosa di fondamentale che vogliamo decifrare”.
Si parla ancora di questo infinitesimo mattoncino che costituisce la materia nell’articolo di Vincenzo C. Barone, “Cinquant’anni di quark”, pubblicato nel numero di giugno 2014 di Sapere.
Immagine di copertina: un team di fisici, di cui fanno parte anche gli scienziati del MIT e gli italiani dell’INFN-Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, hanno rivelato che i quark si muovono più lentamente in atomi che presentano un maggior numero di coppie protone-neutrone correlate a corto raggi (modif.). Credits: MIT News-Courtesy of the researchers