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20 Feb 2018

CHIP: un nuovo fattore di rischio cardiovascolare?

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Poco meno di un mese fa il New York Times ha pubblicato un articolo su quella che potrebbe essere un’importante scoperta riguardante le cause di malattie cardiovascolari. Nuovi studi, nuove strade da percorrere nella ricerca ma, nonostante l’entusiasmo di alcuni dei ricercatori coinvolti, è necessaria ancora molta prudenza nel parlare di ciò che si sta scoprendo.

Poco meno di un mese fa il New York Times ha pubblicato un articolo su quella che potrebbe essere un’importante scoperta riguardante le cause di malattie cardiovascolari. Nuovi studi, nuove strade da percorrere nella ricerca ma, nonostante l’entusiasmo di alcuni dei ricercatori coinvolti, è necessaria ancora molta prudenza nel parlare di ciò che si sta scoprendo.

 

Cosa vuol dire CHIP?

 

CHIP è l’acronimo di Clonal Hematopoiesis of Indeterminate Potential, in italiano ematopoiesi clonale di potenziale indeterminato. Di cosa si tratta? In che modo questo fenomeno è legato al rischio cardiovascolare? In sintesi è un accumulo di cellule staminali mutate all’interno del midollo osseo. Ogni giorno quest’ultimo produce alcune centinaia di cellule staminali che, a loro volta, generano i globuli bianchi che si divideranno rapidamente in miliardi di altre cellule per rimpiazzare quelle morte. Può accadere che le cellule staminali del midollo osseo suddette acquisiscano una mutazione che trasmetteranno ai globuli bianchi prodotti.

 

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Le ipotesi

 

Cosa lega l’accumulo di staminali mutate con la possibilità di avere un infarto o un ictus? Secondo i ricercatori, i globuli bianchi originati da queste cellule formerebbero nei vasi sanguigni placche aterosclerotiche – inspessimenti asimmetrici dello strato più interno dei vasi – con un alto grado di infiammazione. Questo spiegherebbe attacchi cardiaci in persone che non presentano valori del colesterolo alto, ipertensione o diabete del tipo 2. Per molto tempo i medici hanno lavorato sull’infiammazione come causa dell’aterosclerosi senza riuscire ad andare all’origine dell’infiammazione stessa. Questa potrebbe essere una spiegazione e la CHIP potrebbe essere legata anche ad altre patologie infiammatorie, quali l’artrite.

 

Meno entusiasmo, più prudenza nella divulgazione

 

Per ora tutte queste ipotesi sono ancora da confermare. Gli studi sono ancora pochi e allo stadio preliminare. Lo stesso autore delle ricerche citate dal New York TimesSiddhartha Jaiswal, assistant professor presso il Dipartimento di Patologia di Stanford – ha voluto abbassare i toni entusiastici e limitare alcune affermazioni presenti nel testo attraverso delle precisazioni pubblicate sul suo account Twitter.

 

Ancora ricerche legate alle patologie cardiache nella rubrica “Cervelli non in fuga” del numero di febbraio di Sapere. Acquistatelo e leggete “Modelli matematici per il cuore” di Luca Ratti!

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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