Un gruppo di ricercatori della Carnegie Mellon University ha identificato due gruppi di neuroni che possono essere accesi e spenti per alleviare i sintomi del morbo di Parkinson. L’attivazione di queste cellule nei gangli basali tramite la luce attenua i sintomi del disordine per molto più tempo, rispetto a terapie attuali come quella farmacologica o la stimolazione cerebrale profonda.
Un gruppo di ricercatori della Carnegie Mellon University ha identificato due gruppi di neuroni che possono essere accesi e spenti per alleviare i sintomi del Parkinson. L’attivazione di queste cellule nei gangli basali tramite la luce attenua i sintomi del disordine per molto più tempo, rispetto a terapie attuali come quella farmacologica o la stimolazione cerebrale profonda.
Lo studio, come si legge sulla rivista Nature Neuroscience, è stato condotto in un modello murino del Parkinson e ha usato l’optogenetica per comprendere meglio i circuiti neurali coinvolta nella malattia. Un giorno potrebbe fornire la base per nuovi protocolli sperimentali di trattamento.
Le terapie attuali sono insufficienti
La malattia di Parkinson è causata dalla morte dei neuroni della dopamina che alimentano i gangli basali del cervello. Quando i gangli basali smettono di funzionare, impediscono al corpo di avviare movimenti volontari.
I gangli basali sono attualmente il principale obiettivo clinico per curare la malattia di Parkinson, anche se le terapie finora non offrono soluzioni a lungo termine. “Un grande limite dei trattamenti è che essi forniscono solo sollievo transitorio dei sintomi: i sintomi possono tornare rapidamente se si salta una dose di farmaco viene mancato o se la stimolazione cerebrale profonda viene interrotta” ha spiegato Aryn Gittis, autore principale dello studio.
Parkinson: il problema nei gangli basali del cervello
Gli scienziati hanno studiato una delle strutture che compongono la regione del cervello dei gangli basali, un nucleo chiamato globo pallidus esterno (GPe). Il GPe è noto per contribuire a sopprimere i percorsi motori nei gangli basali ma si sa poco circa i singoli tipi di neuroni presenti nel GPe, il loro ruolo nella malattia di Parkinson o il loro potenziale terapeutico.
Luce “terapeutica” sui neuroni
Il gruppo di ricerca ha usato l’optogenetica, una tecnica che cambia l’attività delle cellule – precedente “etichettate” tramite geni – usando l’illuminazione. In particolare, gli studiosi hanno colpito due tipi di cellule in un modello murino per il morbo di Parkinson: i neuroni PV-GPe e i neuroni Lhx6-GPe. L’aumento dell’attività dei neuroni PV-GPe, portata fino a superare quella dei neuroni Lhx6-GPe, è stato in grado di fermare il comportamento neuronale distorto nei gangli basali e ha ripristinato il movimento per almeno quattro ore, ossia molto più a lungo dei trattamenti attualmente disponibili.