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13 Mar 2017

Arriva la retina artificiale: potrebbe ridare la vista a milioni di persone

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L’impianto della retina artificiale è stato in grado di ripristinare la vista nei topi e gli scienziati stanno pianificando l’inizio dei test nell’uomo per la fine del 2017.

L’impianto della retina artificiale è stato in grado di ripristinare la vista nei topi e gli scienziati stanno pianificando l’inizio dei test nell’uomo per la fine del 2017. L’impianto, che converte gli stimoli luminosi in segnali elettrici diretti ai neuroni legati alla retina potrebbe offrire una soluzione contro le malattie degenerative della retina, inclusa la retinite pigmentosa, in cui i fotorecettori cellulari dell’occhio cominciano a rompersi, portando alla cecità.

 

Le malattie della retina

Le degenerazioni della retina sono causate da mutazioni genetiche che riguardano uno qualsiasi dei 240 geni collegati ai milioni di fotorecettori sensibili alla luce che compongono la retina. Queste mutazioni fanno morire le cellule dei fotorecettori (mentre i neuroni a essi collegati restano illesi). Un team dell’Istituto Italiano di Tecnologia, come si legge sulla rivista Nature Materials, ha sviluppato un approccio che prevede un impianto nell’occhio che serve proprio a rimpiazzare la retina danneggiata.

 

Com’è fatta la retina artificiale?

L’impianto è fatto da un sottile strato di polimero conduttore, piazzato su un substrato basato su seta e coperto con un polimero semiconduttore. Quest’ultimo agisce come un materiale fotovoltaico, assorbendo i fotoni quando la luce entra nell’occhio: quando questo accade, l’elettricità stimola i neuroni della retina. La retina artificiale è stata provata impiantandola negli occhi di topi allevati per sviluppare una forma animale di degenerazione della retina.

 

I risultati dei test nei topi

A 30 giorni dall’operazione di impianto, il riflesso pupillare dei topi (che dà conto della sensibilità alla luce) era identico a quello dei topi sani. Anche tra i sei e i dieci mesi dall’operazione, gli impianti erano ancora efficienti. La PET (tomografia a emissione di positroni) per monitorare l’attività del cervello dei topi durante i test di sensibilità alla luce ha poi rivelato un aumento significativo dell’attività nella corteccia visuale primaria, area che elabora le informazioni visive. Il team ha quindi concluso che l’impianto attiva direttamente “i residui circuiti neuronali nella retina degenerata” ma saranno necessari ulteriori studi per spiegare con esattezza come avviene la stimolazione a livello biologico.

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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