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06 Ago 2018

Zika: storia di un’emergenza

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Anno 1947, foresta di Zika, Uganda. Nella penombra della fitta vegetazione un gruppo di cacciatori controlla sei macachi ingabbiati, ne esaminano il loro stato di salute, ne misurano la temperatura corporea e ne valutano le condizioni generali. Le scimmie non sono le loro prede, sono solo delle esche: quegli uomini sono cacciatori di virus. Negli anni ’40 molti microrganismi sono stati scoperti da gruppi come quello: il virus della febbre della Rift Valley, quello della febbre gialla, il virus Bunyamwera, e tanti altri.
Dopo qualche giorno, uno dei sei macachi ha la febbre e viene trasportato nei laboratori della città di Entebbe, che allora era la capitale del protettorato britannico dell’Uganda. La scimmia guarisce dopo qualche giorno, ma dal suo sangue viene isolato un nuovo patogeno: il virus Zika, detto anche, all’inglese, Zika virus. Tre anni dopo si scoprì che il virus si trasmette attraverso la puntura di alcune zanzare e che può infettare anche l’uomo.

Anno 1947, foresta di Zika, Uganda. Nella penombra della fitta vegetazione un gruppo di cacciatori controlla sei macachi ingabbiati, ne esaminano il loro stato di salute, ne misurano la temperatura corporea e ne valutano le condizioni generali. Le scimmie non sono le loro prede, sono solo delle esche: quegli uomini sono cacciatori di virus. Negli anni ’40 molti microrganismi sono stati scoperti da gruppi come quello: il virus della febbre della Rift Valley, quello della febbre gialla, il virus Bunyamwera, e tanti altri.
Dopo qualche giorno, uno dei sei macachi ha la febbre e viene trasportato nei laboratori della città di Entebbe, che allora era la capitale del protettorato britannico dell’Uganda. La scimmia guarisce dopo qualche giorno, ma dal suo sangue viene isolato un nuovo patogeno: il virus Zika, detto anche, all’inglese, Zika virus. Tre anni dopo si scoprì che il virus si trasmette attraverso la puntura di alcune zanzare e che può infettare anche l’uomo.

 

Cosa provoca il virus?
 

I primi casi di infezione da Zika virus nell’uomo sono stati registrati nel 1952, tra Uganda e Tanzania. La sintomatologia non è particolarmente grave. Solitamente l’infezione è asintomatica e, nel peggiore dei casi, si possono osservare febbre, mal di testa, dolore alle articolazioni o ai muscoli, rash cutaneo e congiuntivite, che si risolvono spontaneamente dopo pochi giorni. Perché, allora, si parla tanto di questo patogeno?
Ci sono due gravi complicazioni. Se a essere infettata è una donna in gravidanza, si possono presentare seri problemi al feto, che rischia gravi malformazioni al cervello o agli occhi. Si parla, infatti, di sindrome congenita da Zika virus, caratterizzata da grave microcefalia (ridotto sviluppo del cranio), sviluppo anormale dei tessuti cerebrali, danni agli occhi, articolazioni mal sviluppate ed eccessivo tono muscolare.
La seconda grave conseguenza è la sindrome di Guillain-Barré, una malattia del sistema nervoso che causa debolezza di braccia e gambe e che può lasciare, occasionalmente, danni permanenti. La malattia è piuttosto rara (1 caso su 100.000 persone negli USA) ma l’incidenza è aumentata nei paesi in cui si è diffuso il virus Zika.

 

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Il virus Zika nel mondo
 

Nel corso del ventesimo secolo, il virus si è diffuso in molti paesi dell’Africa equatoriale e subtropicale, è stato registrato in Pakistan, India, Indonesia e Malesia. Nel 2007 ha raggiunto la Micronesia e, tra il 2012 e il 2013, la Polinesia Francese. Poi il grande salto. Nel 2015, in Brasile, 7.000 persone si ammalano di una malattia poco aggressiva ma apparentemente sconosciuta. Solo dopo qualche mese i centri di riferimento del paese rilevano il virus Zika.

 

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Mondiali sotto accusa

 

Come è giunto il virus in Brasile? Inizialmente è stato messo sotto accusa il campionato mondiale di calcio del 2014, organizzato in Brasile. Il colpevole, però, non era da cercare nell’evento calcistico ma nei mondiali di canottaggio, che ha ospitato a Rio de Janeiro sportivi provenienti dalle isole del Pacifico.
A quel punto le autorità sanitarie locali e mondiali hanno lanciato l’allarme. La malattia si stava diffondendo nell’America Meridionale e Centrale, erano in aumento i casi di sindrome di Guillain-Barré e, soprattutto, le nascite di bambini con grave microcefalia. Nel febbraio del 2016 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiara che la diffusione del patogeno era un’emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale.

 

Come combattere il virus

 

A oggi non esiste una terapia, ma la ricerca sta puntando sulla messa a punto di vaccini. L’OMS ha coinvolto in questi studi 30 istituzioni pubbliche e private, e 5 dei 40 potenziali vaccini sono entrati nella prima fase di sperimentazione. Recentemente, gli scienziati della Purdue University, dell’Indiana, hanno definito la struttura tridimensionale del virus, un passo molto importante per l’individuazione di un vaccino efficace.
Per ora, quindi, le misure più importanti sono quelle preventive. Se stiamo per partire verso quei paesi a strategia migliore è quella di proteggersi dalle zanzare con repellenti e abiti adatti. Si eviteranno, così, fastidiosi pruriti e malattie potenzialmente pericolose.

 

 

Quando si leggono notizie riguardanti malattie è sempre meglio affidarsi a fonti accreditate o ufficiali per evitare di incorrere in bufale. Ci spiegano cosa sta succedendo, oggi, ai canali di informazione Maria Grazia Coggiola e Gian Piero Siroli con il loro articolo “Fake news: propaganda e disinformazione all’epoca di Internet”, pubblicato nel numero di aprile 2018 di Sapere.

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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