Maestose dominatrici degli oceani. È probabilmente così che la maggior parte di noi immagina le balene. Le dimensioni di questi animali non sono sempre state quelle che conosciamo e gli scienziati stanno cercando da anni, studiando i pochi resti a disposizione, di capire quando, come e perché questi cetacei abbiano iniziato a diventare giganti. Pochi giorni fa, su Biology Letters, è stato pubblicato un articolo che tenta di dare una prima risposta a queste domande, smentendo le conoscenze pregresse.
Maestose dominatrici degli oceani. È probabilmente così che la maggior parte di noi immagina le balene. Le dimensioni di questi animali non sono sempre state quelle che conosciamo e gli scienziati stanno cercando da anni, studiando i pochi resti a disposizione, di capire quando, come e perché questi cetacei abbiano iniziato a diventare giganti. Pochi giorni fa, su Biology Letters, è stato pubblicato un articolo che tenta di dare una prima risposta a queste domande, smentendo le conoscenze pregresse.
L’evoluzione del gigantismo nelle balene
I Misticeti, sottordine di Mammiferi Cetacei che comprende balene e balenottere, abbracciano un sottoinsieme di animali di notevoli dimensioni che giocano un ruolo fondamentale nella catena alimentare, come consumatori, e sono “ingegneri ecosistemici” ossia organismi in grado di creare, modificare o distruggere un habitat. Per la maggior parte della storia della loro esistenza, i misticeti sono stati relativamente piccoli , con qualche notevole eccezione (un esempio è il Llanocetus denticrenatus). Sembra infatti che il gigantismo che noi tutti conosciamo si sia sviluppato solo recentemente, nel Plio-Pleistocene (tra i 4,5 e gli 0,13 milioni di anni fa): l’evoluzione delle dimensioni del corpo delle balene sarebbe dovuta alla risalita di grandi masse di acqua fredda, densa e ricca di nutrienti (upwelling legato al vento) che portò a un aumento di prede disponibili, abbondanti stagionalmente e distribuite a macchie. Inoltre, questo balzo di misura sarebbe avvenuto piuttosto velocemente. Il salto dimensionale si sarebbe verificato circa 2,5 milioni di anni fa, dai comuni 5-6 metri alla decina-quindicina di metri, con punte massime di circa 30 metri per la balenottera azzurra. Questa ricostruzione sembra essere contraddetta dal recente lavoro dei ricercatori provenienti dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, dal Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania e dal Directorate Earth and History of Life, Royal Belgium Institute of Natural Sciences di Bruxelles.
Giuliana, la balena fossile di Matera
Un fossile ritrovato più di dieci anni fa in Basilicata ha cambiato le carte in tavola. Nel 2006 un contadino materano, giunto in quei luoghi per avere accesso all’acqua per irrigare i suoi campi, scorse delle grandi vertebre che facevano capolino dal terreno argilloso della riva del lago Giuliano (da qui il nome dato al fossile). In tre autunni, stagione in cui era possibile abbassare il livello dell’acqua senza danneggiare il raccolto, i paleontologi dell’Università di Pisa, guidati da Giovanni Bianucci, scavarono per poter liberare i resti dell’antico cetaceo, datato in seguito 1,49-1,25 milioni di anni fa. A quel tempo i ricercatori pensarono potesse essere una balenottera azzurra (Balaenoptera musculus) ed effettivamente i nuovi studi lo hanno confermato: nonostante lo stato di conservazione non sia ottimale, le caratteristiche che è possibile esaminare posseggono numerosi tratti simili a quelli dell’attuale Balaenoptera musculus, come ad esempio parti del cranio, la bolla timpanica e la lunghezza totale del corpo, stimata essere tra i 23,4 e i 26,1 metri. Per essere precisi Giuliana è classificata come Balaenoptera cf. musculus: non si ha la certezza assoluta che si tratti di Balaenoptera musculus, quindi nel nome è presente l’abbreviazione cf., (dal latino “confer”, confronta) impiegato quando ci si riferisce a un esemplare simile, ma non perfettamente corrispondente, a uno di specie certa, o quando non si è sicuri dell’attribuzione a una data specie.
Giuliana non è stato l’unico fossile analizzato per questa ricerca: sono stati esaminati anche i resti di misticeti risalenti al Medio-Tardo Miocene (il Miocene è compreso tra circa 23 e 5 milioni di anni fa), raccolti in Perù.
I risultati dello studio pubblicato su Biology Letters
I risultati ottenuti riscrivono l’origine del gigantismo nei misticeti post-datandone l’inizio e descrivendo un processo molto più graduale di quanto pensato in precedenza. Ma non dobbiamo comunque credere che le grandi balene siano sempre state dominanti: specie relativamente piccole sono state la norma per la maggior parte della storia dei misticeti, sino alla loro scomparsa, 3 milioni di anni fa. La taglia massima è cresciuta costantemente e ha raggiunto i livelli moderni nel Medio-Tardo Miocene. A cosa ci serve saperlo? Le attuali balene sono i più importanti predatori e distributori di nutrienti ed è probabile che i primi giganti abbiano avuto un impatto profondo – e sino a ora sottovalutato – sull’evoluzione degli ecosistemi marini globali. Questo è un passo decisivo per la comprensione della storia dei cetacei: i fossili pleistocenici ritrovati sono pochi poiché la maggior parte sono conservati nei fondali marini, difficilmente raggiungibili. Le rare testimonianze a disposizione, come Giuliana, sono preziose per poter proseguire nella conoscenza dei sistemi marini passati e presenti.
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Credits immagine: foto di Pexels da Pixabay