Google, LinkedIn, Apple, eBay, Samsung, Texas Instruments, Netflix, Cisco Systems, Facebook: cosa hanno in comune queste aziende di successo che con i loro prodotti condizionano pesantemente le nostre vite? La loro sede è la Silicon Valley. Ne abbiamo sentito parlare tante volte: la terra promessa di giovanissimi imprenditori in cerca di gloria e di denaro. La sua storia ha radici lontane e le sue peculiarità, che molte nazioni hanno cercato di replicare all’interno dei propri confini, sono uniche.
Google, LinkedIn, Apple, eBay, Samsung, Texas Instruments, Netflix, Cisco Systems, Facebook: cosa hanno in comune queste aziende di successo che con i loro prodotti condizionano pesantemente le nostre vite? La loro sede è la Silicon Valley. Ne abbiamo sentito parlare tante volte: la terra promessa di giovanissimi imprenditori in cerca di gloria e di denaro. La sua storia ha radici lontane e le sue peculiarità, che molte nazioni hanno cercato di replicare all’interno dei propri confini, sono uniche.
C’è un grande prato verde, dove nascono speranze
Dal punto di vista geografico, la Silicon Valley è la regione che circonda le coste meridionali della Baia di San Francisco, in California, negli Stati Uniti. Un tempo era un’area dalla vocazione deliziosamente agricola, con frutteti rigogliosi e paesaggi bucolici.
Negli anni ’20, l’ingegnere elettrico Frederick E. Terman, terminati i suoi studi al Massachussets Institute of Technology, giunse a Palo Alto, uno dei centri della Silicon Valley, per lavorare presso l’Università di Stanford. La situazione che dovette affrontare era molto diversa rispetto a quella del MIT: vi era una totale mancanza di multidisciplinarità.
Cercò, quindi, di sviluppare maggiormente quello che era il dipartimento d’Ingegneria, anche sostenendo giovani imprese come, ad esempio, quella degli allora studenti William Hewlett e David Packard. Il suo interesse era integrare la ricerca universitaria con il settore industriale.
Investimenti militari
Terman era diventato il direttore del Radio Research Laboratory della Harvard University quando, nel 1941, gli Stati Uniti entrarono in guerra: l’obiettivo era la costruzione di radar jamming e di contromisure elettroniche per interferire nel funzionamento delle armi e degli strumenti dei nemici. Finita la Seconda Guerra Mondiale, l’ingegnere capì che poteva trasformare Stanford in un MIT della costa occidentale. Come? Grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie utilizzate in guerra e agli investimenti miltari. Così nacque, negli anni ’50, lo Stanford Research Park, l’incubatore tecnologico dell’omonima università.
Dal silicio alla rete
Questo fu il seme che permise il germogliare di un ambiente ricco e stimolante. Nella valle si aprirono numerose fabbriche di semiconduttori e microchip, entrambi basati sull’utilizzo del silicio. È proprio per questo che il giornalista Don C. Hoefler, nel 1971, intitolò una serie di articoli “Silicon Valley USA”. Fu un vero e proprio battesimo per un luogo che, grazie a quelle tecnologie, incominciava a richiamare altri tipi di business quali quelli legati ai computer, alla produzione di software e, infine, alla realizzazione di servizi in rete.
La Silicon Valley oggi
Nonostante la Bolla delle Dot-com del 2000 e la Grande Recessione del 2008-2009, la Silicon Valley non ha mostrato sensibili segni di cedimento, anzi, è un esempio virtuoso da seguire per molte nazioni. La Francia è una di queste. Se siete curiosi di sapere cosa sta succedendo in Europa nell’ambito degli incubatori di start-up, acquistate il numero di Sapere di ottobre, dove troverete la rubrica “Innovazione 2.0” di Paolo Berra.