Le aurore polari sono uno degli spettacoli più magici che il cielo possa offrirci, con i loro colori e le loro luci. Esiste, però, una particolare tipologia – l’aurora pulsante – di cui non si avevano prove dirette che ne dimostrassero le cause. Questo fino alla pubblicazione dell’articolo “Pulsing aurora from electron scattering by chorus waves” sulla rivista Nature.
Le aurore polari sono uno degli spettacoli più magici che il cielo possa offrirci, con i loro colori e le loro luci. Esiste, però, una particolare tipologia – l’aurora pulsante – di cui non si avevano prove dirette che ne dimostrassero le cause. Questo fino alla pubblicazione dell’articolo “Pulsing aurora from electron scattering by chorus waves” sulla rivista Nature.
Lo spettacolo dell’aurora
L’aurora, boreale o australe, a seconda che avvenga nell’emisfero settentrionale o meridionale della Terra, è un fenomeno fisico dovuto all’urto di particelle cariche del vento solare con gli atomi di uno degli strati più esterni dell’atmosfera terrestre, la ionosfera. Gli atomi, nel passaggio dallo stato eccitato a quello fondamentale, emettono energia sottoforma di fotoni di varie lunghezze d’onda, quella meravigliosa luce che possiamo osservare. Le aurore pulsanti hanno caratteristiche e cause un po’ differenti.
La danza dovuta alle chorus wave
Le aurore pulsanti, come spiega lo stesso nome, si illuminano in maniera ritmica, e questo loro danzare è dovuto all’interazione, nella magnetosfera terrestre, tra elettroni e delle onde di plasma denominate chorus wave, le quali eccitano con una determinata frequenza le particelle cariche. Gli scienziati, fino adesso, non avevano prove dirette di questa teoria e si chiedevano se effettivamente le chorus wave avessero l’energia necessaria per eccitare gli elettroni tanto da generare aurore pulsanti.
Lo studio
La pistola fumante è stata trovata grazie a uno speciale sensore di elettroni che è riuscito a discriminare le particelle diffuse dalle chorus wave da quelle normalmente presenti nella magnetosfera, osservandone l’interazione direttamente. La strumentazione era a bordo del satellite ERG (Exploration of energization and Radiation in Geospace) lanciato nel 2016 dal JAXA (Japan Aerospace Exploration Agency).
Gli scienziati hanno in programma di proseguire la ricerca in questa direzione. Satoshi Kasahara, professore associato del Department of Earth and Planetary Science at the Graduate School of Science dell’Università di Tokyo, autore dell’articolo su Nature, ha infatti affermato: “Analizzando i dati collezionati da ERG globalmente, riusciremo a rivelare la variabilità e ulteriori dettagli della fisica dei plasmi e dei conseguenti fenomeni atmosferici, come le aurore”.