L’attrito interno di un esopianeta, che si genera per frizione tra uno strato e l’altro a causa all’attrazione gravitazionale della stella intorno a cui ruota, potrebbe essere cruciale per fargli acquisire un’orbita circolare in grado di garantire abitabilità e lunga durata.
L’attrito interno di un esopianeta, che si genera per frizione tra uno strato e l’altro a causa all’attrazione gravitazionale della stella intorno a cui ruota, potrebbe essere cruciale per fargli acquisire un’orbita circolare in grado di garantire abitabilità e lunga durata. Alcune simulazioni condotte su giovani sistemi planetari hanno mostrato che i pianeti giganti possono sconvolgere i piccoli mondi che ruotano nelle loro vicinanze. Anche se gli effetti non sono immediati, la loro influenza può infatti rendere molto eccentriche le orbite dei pianeti più piccoli esponendoli a catastrofici pericoli, come essere assorbiti dalla stella ospite oppure espulsi dal sistema planetario di cui fanno parte.
Gli scienziati del NASA Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland, hanno scoperto che gli esopianeti riescono più facilmente a portarsi su orbite quasi circolari, e più “sicure”, quando hanno una composizione interna a strati – un po’ come la Terra – e sviluppano opportune condizioni di attrito tra uno strato e l’altro. Come si legge nella ricerca pubblicata sulla rivista Astrophysical Journal, infatti, in questi casi i pianeti “a rischio” impiegano poche centinaia di migliaia di anni per portarsi in una zona più garantita di abitabilità, a fronte dei consueti svariati milioni di anni.
La transizione verso un’orbita circolare sarebbe più veloce perché il calore generato dall’attrito tra i vari strati porta il pianeta a flettersi facilmente perché è quasi fuso: in questo modo, viene sprigionata più rapidamente energia termica e il pianeta si adagia agevolmente su un’orbita circolare. Un mondo completamente fuso, oppure freddo e rigido, genera poco attrito e rilascia energia molto più lentamente.