La ricerca di forme di vita aliena nell’Universo continua ma gli scienziati stanno seguendo una strada diversa dalla solita: gli ingredienti necessari per la vita su un pianeta potrebbero essere diversi da quelli da sempre cercati. Una particolare “macchina del tempo” e una nuova missione spaziale potrebbero riservarci interessanti sorprese.
La ricerca di forme di vita aliena nell’Universo continua ma gli scienziati stanno seguendo una strada diversa dalla solita: gli ingredienti necessari per la vita su un pianeta potrebbero essere diversi da quelli da sempre cercati. Una particolare “macchina del tempo” e una nuova missione spaziale potrebbero riservarci interessanti sorprese.
La macchina del tempo
Uno studio condotto dall’Università di Washington e pubblicato su Science Advances ci mostra una nuova ricetta per cercare vita extraterrestre, non più basata sul ritrovamento di atmosfere composte di ossigeno – la cui biochimica è complessa e per questo abbastanza rara – ma di altri composti che rivelerebbero l’esistenza di una biosfera forse un po’ diversa da quella che ci aspetteremmo. La Terra si è trasformata in un pianeta blu, ricco di ossigeno, solamente 2,4 miliardi di anni fa (origine dei cianobatteri) a fronte di un’età di circa 4,4 miliardi di anni. E prima? Cosa c’era? La ricerca pubblicata descrive come gli scienziati abbiano dato uno sguardo al mondo prima della fotosintesi, attraverso una strana macchina del tempo: un modello matematico che ha permesso di capire quale combinazione di gas potesse esistere in presenza di organismi viventi.
Una nuova ricetta
I ricercatori hanno così ottenuto la ricetta che potrebbe fornire le prove dell’esistenza di vita su altri pianeti: metano più diossido di carbonio (anidride carbonica), meno monossido di carbonio. Gli indizi per capire se un esopianeta possa essere abitato da forme di vita sono quindi quantità abbondanti di metano e anidride carbonica, la presenza di acqua liquida e l’assenza di monossido di carbonio, di cui sono ghiotti i microrganismi di cui supponiamo l’esistenza, che lo consumerebbero velocemente. “La vita che produce metano usa un metabolismo semplice, è ubiquitaria ed è stata presente per la maggior parte della storia della Terra”, ha affermato Joshua Krissansen-Totton, coautore dell’articolo su Science Advances, “è più semplice ed è per questo che è potenzialmente più comune delle forme di vita che producono ossigeno. È certamente qualcosa che dovremmo cercare non appena ci sarà un nuovo telescopio attivo”.
Il James Webb Space Telescope
Il telescopio in questione potrebbe essere proprio il James Webb Space Telescope, il cui lancio è previsto per la primavera del 2019. Il telescopio, parte di una missione congiunta di NASA, ESA e CSA (Canadian Space Agency), avrà a bordo strumenti in grado di rilevare la radiazione infrarossa, una parte dello spettro non ideale per rintracciare l’ossigeno ma utilissima per scovare tracce di vita anossica, ossia rivelare simultaneamente metano, anidride carbonica e monossido di carbonio. Potrebbe essere, però, difficile determinarne l’abbondanza relativa per dimostrare che i gas trovati sono dovuti ad attività microbica e non geologica come, ad esempio, l’eruzione di un vulcano. Chissà che un caso fortuito non ci porti finalmente alla scoperta di vita aliena, magari tra gli esopianeti della fascia abitabile di TRAPPIST-1, la nana rossa a 40 anni luce da noi.
Se amate l’esplorazione spaziale non perdete l’articolo “La ricerca della vita nell’Universo” di Roberto Orosei e Barbara Cavalazzi, pubblicato sul numero di Sapere dello scorso ottobre.
Il sistema planetario di TRAPPIST-1 . Illustrazione artistica. Credits: NASA/JPL-Caltech