Due nuovi studi aiutano a chiarire le origini del “cuore” di Plutone, il bacino Sputnik Planitia che è ampio 1000 chilometri e, appunto, ha la forma di un cuore.
Due nuovi studi aiutano a chiarire le origini del “cuore” di Plutone, il bacino Sputnik Planitia che è ampio 1000 chilometri e, appunto, ha la forma di un cuore. Le due ricerche, pubblicate sulla rivista Nature questa settimana, suggeriscono che il bacino pieno di ghiaccio (di azoto) e abbia fatto ribaltare il pianeta nano, creando delle crepe e delle tensioni nella crosta superficiale che indicano la presenza di un oceano in profondità.
Il volo ravvicinato della sonda spaziale New Horizons del 14 luglio 2015 ha rivelato tanti straordinari elementi geologici del pianeta nano Plutone. Tra questi, il bacino a forma di cuore Sputnik Planitia (già Sputnik Planum), privo di crateri, è particolarmente riconoscibile. Si tratta di una formazione molto interessante con uno strato di ghiaccio di azoto che ha uno spessore stimato in 4 chilometri e un’età stimata attorno ai 100 milioni di anni (abbastanza giovane, quindi, in termini geologici).
Le forze di marea
James Keane e i colleghi della University of Arizona di Tucson propongono che l’attuale posizione di Sputnik Planitia sia stata determinata da forze di marea: l’ipotesi che avanzano è che, man mano che il bacino si riempiva di ghiaccio, si sia verificata un’alterazione dell’interazione mareale tra Plutone e Caronte, uno dei suoi satelliti, causando il ri-orientamento del pianeta nano. Il modello degli scienziati mostra che questo ri-orientamento ha messo sotto stress la crosta superficiale, producendo una rete di faglie che hanno creato canyon e montagne.
Un oceano sotto la superficie
Sull’ipotesi che le dinamiche legate alle forze di marea sono d’accordo anche Francis Nimmo e colleghi, autori del secondo studio sull’argomento pubblicato su Nature. Secondo gli scienziati della University of California di Santa Cruz, sono da analizzarsi attentamente le implicazioni dell’apparente ri-orientamento di Plutone: i ricercatori ritengono che i processi legati alle forze di marea implicano necessariamente la presenza di un oceano sotto la superficie di Plutone.
Presi insieme, i due studi non solo forniscono nuovi indizi sulla formazione della sua area a forma di cuore, ma anche sull’origine dell’intero pianeta nano.
[Immagine: credit NASA]