Non i soliti microchip in silicio ma molecole di DNA in grado di risolvere calcoli riprogrammabili. È chiamato autoassemblaggio algoritmico di tasselli e lo studio dei ricercatori del Caltech-California Institute of Technology, pubblicato su Nature, descrive come questo processo sia alla base dell’incontro tra biologia molecolare e computer science.
Non i soliti microchip in silicio ma molecole di DNA in grado di risolvere calcoli riprogrammabili. È chiamato autoassemblaggio algoritmico di tasselli e lo studio dei ricercatori del Caltech-California Institute of Technology, pubblicato su Nature, descrive come questo processo sia alla base dell’incontro tra biologia molecolare e computer science.
Il computer a DNA e l’esperimento del Caltech
Sentire parlare di DNA, circuiti e algoritmi, crea confusione anche tra i più appassionati di scienze e tecnologia. Cos’è quindi un computer a DNA? È definito come un calcolatore che utilizza l’acido desossiribonucleico, e di conseguenza le conoscenze legate alla biologia molecolare e alla biochimica, al posto dell’elettronica tradizionale. In questo caso il team di ricercatori del Caltech ha mostrato come con il DNA si possano eseguire algoritmi a 6 bit per svolgere compiti semplici quali determinare se un numero di un bit sia pari o dispari, se un input sia palindromo (sequenze di simboli che, lette in senso inverso, risultano identiche, ad esempio il nome ANNA) o generare numeri casuali.
Il sistema di autoassemblaggio di tasselli
Il sistema funziona attraverso l’autoassemblaggio di tasselli: piccoli filamenti di DNA progettati in modo specifico si legano l’uno con l’altro per costruire un circuito logico mentre, contemporaneamente, seguono l’algoritmo del circuito stesso. Per comprendere meglio questo punto di partenza vi consigliamo di ascoltare la presentazione di Paul Rothemund al TED Talk del 2007:
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In questo caso, partendo dai 6 bit che rappresentano l’input, il sistema aggiunge molecole, fila dopo fila, facendo andare avanti progressivamente l’algoritmo. Il risultato finale è una provetta con dentro miliardi di algoritmi completati, ciascuno somigliante a una sciarpa cucita all’uncinetto data dall’intreccio, però, di fili di DNA e non di lana, che rappresentano la visualizzazione finale del calcolo. Lo schema di ogni sciarpa, il suo “disegno”, è la soluzione dell’algoritmo che è stato fatto girare. Il sistema può essere riprogrammato per differenti algoritmi semplicemente selezionando differenti gruppi di filamenti tra i circa 700 che lo compongono.
Verso un nuovo approccio alla biologia molecolare
Quello del Caltech è un esperimento complesso quanto straordinario. Nonostante le potenzialità mostrate dai computer a DNA, che potrebbero effettivamente svolgere calcoli più difficili di quelli operati nella ricerca descritta su Nature, Erik Winfree, professore di computer science, calcolo, sistemi neurali e bioingegneria e autore dell’articolo, è piuttosto prudente nelle sue dichiarazioni e non si aspetta che la biologia molecolare rimpiazzi i nostri tradizionali computer. Winfree ha evidenziato che questo non era lo scopo della ricerca e ha spiegato: “Questi sono calcoli rudimentali, ma hanno il potere di insegnarci molto su come semplici processi molecolari come l’autoassemblaggio possano codificare informazioni e far girare algoritmi. La biologia è la prova che la chimica è intrinsecamente basata sull’informazione e può conservare dati che possono guidare comportamenti algoritmici a livello molecolare”.
Vi andrebbe di curiosare ancora nel mondo dei computer? Vi proponiamo la lettura dell’articolo di Luigi Borzacchini, “La storia antropologica del computer”. Acquistatelo singolarmente o scaricate l’intero numero di Sapere in cui è stato pubblicato.
Credits immagine di copertina: foto di Pete Linforth da Pixabay