I bambini affetti da disturbi dello spettro autistico mostrano spesso difficoltà nel riconoscimento delle emozioni provate dalle persone che li circondano. In un nuovo studio, i cui risultati sono stati pubblicati su Science Robotics, è stata testata una terapia che ha come protagonista un piccolo robot in grado di mostrare differenti stati emozionali ai pazienti e di registrarne le reazioni. I dati raccolti, elaborati da una intelligenza artificiale, promettono di poter essere la base di nuove terapie personalizzate per far sì che i soggetti interessati possano imparare ad interagire sulla base delle emozioni proprie e dell’interlocutore, in questo caso il robot stesso.
I bambini affetti da disturbi dello spettro autistico mostrano spesso difficoltà nel riconoscimento delle emozioni provate dalle persone che li circondano. In un nuovo studio, i cui risultati sono stati pubblicati su Science Robotics, è stata testata una terapia che ha come protagonista un piccolo robot in grado di mostrare differenti stati emozionali ai pazienti e di registrarne le reazioni. I dati raccolti, elaborati da una intelligenza artificiale, promettono di poter essere la base di nuove terapie personalizzate per far sì che i soggetti interessati possano imparare ad interagire sulla base delle emozioni proprie e dell’interlocutore, in questo caso il robot stesso.
Autismo ed emozioni
L’autismo è un disturbo dello sviluppo avente una base neurologica e si presenta con compromissioni gravi nell’interazione sociale, nella comunicazione e nelle attività e interessi che risultano limitati, rigidi e stereotipati (Claudio Vio, Cristina Toso, Maria Stella Spagnoletti, 2015). La difficoltà nel discriminare le emozioni provate da altri ricade nelle manifestazioni più ricorrenti nel comportamento dei bambini affetti da questa forma di disabilità, infatti educatori e operatori sanitari incontrano seri ostacoli nella comprensione del coinvolgimento e del comportamento dei loro pazienti. I ricercatori del MIT, autori dell’articolo pubblicato su Science Robotics, hanno pensato che dei robot, specificamente istruiti, potessero fornire stime più solide di questi comportamenti.
Conosciamo NAO
Il robot adoperato in questa sperimentazione si chiamo NAO: alto poco più di 60 centimetri, assomiglia a un supereroe corazzato e mostra differenti emozioni cambiando il colore dei suoi occhi, il movimento degli arti e il tono di voce. Una seduta di terapia robot-assistita si svolge solitamente secondo le seguenti modalità: un terapista umano mostra al bambino delle fotografie o flashcard con volti che rappresentano differenti emozioni per insegnargli a riconoscere le espressioni di paura, tristezza o gioia. Il medico o l’operatore sanitario, quindi, programmano il robot in modo tale che mostri le stesse emozioni al bambino e osserva come quest’ultimo interagisca con il droide. Il comportamento del paziente fornisce un valido feedback di cui robot e terapista necessitano per poter andare avanti.
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L’esperimento del MIT ha coinvolto 35 bambini affetti da disturbi dello spettro autistico, di cui 17 giapponesi e 18 serbi, dai 3 ai 7 anni. I partecipanti hanno reagito in diversi modi alla presenza del robot durante le sessioni da 35 minuti: alcuni si mostravano assonnati e annoiati altri erano talmente eccitati da saltare su e giù per la stanza, battendo le mani e ridendo o toccando NAO. “I terapisti ci riferiscono che coinvolgere il bambino persino per pochi secondi possa essere una grande sfida e il robot riesce ad attrarre la loro attenzione” ha affermato Ognjen Rudovic, post-doc e autore della ricerca, spiegando perché i robot siano utili in questo tipo di terapia, “Anche gli esseri umani cambiano le proprie espressioni in modo diverso ma i robot lo fanno sempre nella stessa maniera e questo è meno frustrante per il bambino perché impara in maniera molto strutturata come le espressioni vengano manifestate”.
Il deep learning
Il gruppo di ricerca ha capito che un tipo di machine learning chiamato deep learning sarebbe stato utile per la terapia robot-assistita al fine di percepire il comportamento dei bambini in maniera più naturale. Un sistema deep learning usa più livelli gerarchizzati di data processing per migliorare il proprio lavoro. In parole più semplici crea modelli di apprendimento su più livelli, proprio come facciamo noi umani: impariamo un concetto, poi uno successivo e il nostro cervello raccoglie il primo input, lo elabora con il secondo, trasformando le informazioni a nostra disposizione e astraendole passo dopo passo. Il robot fa questo raccogliendo dati e processandoli, interazione dopo interazione. Per i robot adoperati nella terapia per soggetti autistici, gli scienziati hanno costruito un framework personalizzato che potesse imparare dai dati raccolti a partire da ogni singolo bambino. Sono stati registrati, per ciascun bambino, i video delle espressioni facciali, i movimenti della testa e del corpo, le pose, i gesti, le tracce audio, il battito cardiaco, la temperatura corporea e la traspirazione. Le reti di deep learning dei robot sono state costruite da strati costituiti da questi video, file audio e dati fisiologici, informazioni sulla diagnosi e sulle capacità, cultura e genere. I ricercatori hanno quindi confrontato le loro stime del comportamento dei bambini con quelle riportate da cinque esperti umani che hanno codificato il materiale raccolto su una scala continua per determinare quanto i pazienti fossero a loro agio o infastiditi, quanto fossero interessati e coinvolti durante le sessioni.
Il futuro delle terapie personalizzate
Le reti di informazioni basate su questi dati personalizzati codificati dagli esperti, a loro volta testati su quelli raccolti gradualmente dal droide durante l’interazione con i pazienti, hanno migliorato la stima automatica del comportamento dei bambini in molti dei casi analizzati. Un passo molto importante considerando l’estrema eterogeneità delle manifestazioni di questa patologia. Come può questa tecnologia supportare i terapisti e gli operatori sanitari nel lavoro con i pazienti autistici, considerando che per ora questo tipo di elaborazione non lavora ancora in tempo reale? In futuro ci sarà sicuramente una versione real-time, in cui il robot adatterà automaticamente l’interazione o assisterà il terapista in tempo reale monitorando la fisiologia del paziente e fornendo indicazioni prima che i cambiamenti siano visibili. Nel frattempo, però, potrà essere adoperata l’analisi off-line dei dati: in questo modo potranno essere identificati schemi comportamentali, anche i più impercettibili a un occhio umano, e tali cambiamenti saranno tracciati nel corso delle sessioni terapeutiche, fornendo al medico una migliore comprensione anche dei più piccoli progressi raggiunti.
Approfondiamo le possibili cause dell’autismo insieme a Rosanna Novara, l’autrice dell’articolo “Autismo e ambiente”, che potrete acquistare singolarmente o con il numero di dicembre 2017 di Sapere.
Credits immagine di copertina: MIT Media Lab