Finalmente, gli scienziati sono riusciti a capire le origini del cratere nel ghiaccio antartico ampio due chilometri scoperto vent’anni fa: potrebbe essere il risultato di un collasso di un lago sotto la superficie.
Finalmente, gli scienziati sono riusciti a capire le origini del cratere nel ghiaccio antartico ampio due chilometri scoperto vent’anni fa: potrebbe essere il risultato di un collasso di un lago sotto la superficie. Un segnale molto preoccupante perché dipinge l’Antartide come luogo meno stabile di quanto si pensi. Nel 1989, immagini satellitari permisero di scoprire l’esistenza del cratere nella piattaforma di ghiaccio orientale antartica di Re Baldovino e, anni dopo, gli scienziati ipotizzarono che esso fosse stato creato da uno sciame meteoritico. Un team dell’Università di Utrecht, Paesi Bassi, ha analizzato le immagini del cratere e ha ipotizzato, invece, che questo fosse l’effetto di un vasto scioglimento dei ghiacci.
Visitato dall’uomo per la prima volta
Dopo un viaggio non facile attraverso l’Antartide, per la prima volta i ricercatori del gruppo di Stef Lhermitte hanno avuto la possibilità di esaminare da vicino il cratere e i loro sospetti sono stati confermati. All’interno del vasto cratere, gli studiosi hanno trovato una depressione a circa tre metri di profondità e, al centro, una sorta di pozzo verticale che incanalava due flussi di acque di scioglimento. Questi dettagli hanno fatto pensare subito a un lago collassato e a fusioni di un tipo molto diffuso in Groenlandia.
Antartide instabile
Finora, si pensava che l’Antartide orientale fosse troppo freddo per andare incontro a fenomeni di fusione di questo genere. Secondo gli scienziati, la formazione del cratere è stata innescata da processi naturali ma aggravata dagli effetti del surriscaldamento globale. Come si legge su Nature Climate Change, Alla radice di tutto il fenomeno potrebbero esserci stati dei venti “catabatici” incredibilmente forti che si sono originati al centro della piattaforma di ghiaccio e che hanno iniziato a spirare verso la costa alla considerevole velocità di 35 chilometri all’ora portando con sé aria calda e secca che ha contribuito a fondere la neve e il ghiaccio di superficie.
[Immagine: credit S. Bosteels]