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12 Dic 2018

Clima: la comunicazione a due velocità tra i poli

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La rivista scientifica Nature ha di recente pubblicato uno studio che spiega le connessioni climatiche tra l’Atlantico settentrionale e l’Antartide, scoprendo nei cambiamenti avvenuti durante l’ultimo periodo glaciale un sistema di comunicazione a due velocità. Alla ricerca, coordinata da Christo Buizert della Oregon State University, hanno partecipato gli italiani Mirko Severi, ricercatore in chimica analitica all’Università di Firenze e Barbara Stenni, professoressa in geochimica e paleoclimatologia all’Università Ca’ Foscari Venezia.

La rivista scientifica Nature ha di recente pubblicato uno studio che spiega le connessioni climatiche tra l’Atlantico settentrionale e l’Antartide, scoprendo nei cambiamenti avvenuti durante l’ultimo periodo glaciale un sistema di comunicazione a due velocità. Alla ricerca, coordinata da Christo Buizert della Oregon State University, hanno partecipato gli italiani Mirko Severi, ricercatore in chimica analitica all’Università di Firenze e Barbara Stenni, professoressa in geochimica e paleoclimatologia all’Università Ca’ Foscari Venezia.

 

 

Correnti atmosferiche e oceaniche

 

Il sistema climatico della Terra è governato da meccanismi complessi, legati in buona parte alla circolazione oceanica e a quella atmosferica: entrambe concorrono alla ridistribuzione del calore negli emisferi boreale e australe, mantenendo l’equilibrio tra le zone intertropicali, le quali registrano un eccesso di calore, e le zone polari che, invece, sono in deficit. Lo fanno a un passo diverso, l’atmosfera più velocemente rispetto agli oceani. Grazie a questi processi la corrente del Golfo, parte dell’Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC), circolazione termoalina che lega i due emisferi, porta calore dalle basse latitudini al Nord Atlantico. Cos’è la circolazione termoalina? È la circolazione globale oceanica causata dalla variazione di densità delle masse d’acqua, definita anche come “Grande Nastro Trasportatore di Calore”.
Barbara Stenni ha spiegato alla redazione di www.saperescienza.it: “In passato, durante l’epoca glaciale, periodo oggetto del nostro studio compreso tra circa 100.000 e 18.000 anni fa, ci sono state variazioni rapide della temperatura del Nord Atlantico, in particolare della Groenlandia, chiamate eventi Dansgaard–Oeschger (DO). Queste variazioni rapide testimoniano che la Groenlandia e le latitudini nord, in determinati momenti, hanno subito dei riscaldamenti per poi ripiombare, in maniera abbastanza brusca, in condizioni fredde con un andamento detto “a dente di sega”. In generale, si sono succeduti circa 25 eventi di questo tipo durante l’ultima glaciazione”.

 

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Gli eventi Dansgaard-Oeschger

 

Si pensa che gli eventi Dansgaard-Oeschger (DO) siano stati causati da instabilità della calotta glaciale della Laurentide, la quale ricopriva parte dell’emisfero nord nell’epoca glaciale. Tale condizione avrebbe prodotto il distacco di numerosi iceberg che, sciogliendosi nell’acqua marina, avrebbero abbassato la salinità degli oceani, modificandone, quindi, anche la densità superficiale. L’effetto di tutto ciò è la mancata formazione di quelle che sono chiamate le Nord Atlantic Deep Water, le acque profonde che hanno origine nel Nord Atlantico.
Per comprendere meglio rivediamo tutto il “circuito”: abbiamo la Corrente del Golfo che trasporta calore verso il Nord Atlantico; arrivate qui, le acque si raffreddano e sprofondano entrando a far parte di quella che è la circolazione profonda dell’Atlantico. Quando, però, ci sono condizioni di diminuzione della densità in superficie (ossia minore salinità delle acque), questa convezione può essere limitata, bloccarsi o cambiare posizione, formandosi a latitudini più basse. Quindi, se non si formano le acque profonde, non vi sarà richiamo di acque calde dalle latitudini più basse e la corrente del Golfo si indebolirà insieme a tutta la circolazione, con un conseguente raffreddamento della temperatura della Groenlandia.
Quando la circolazione termoalina ritorna a funzionare, improvvisamente si avrà un riscaldamento dell’emisfero nord alle alte latitudini, poiché il calore sarà riportato nella zona settentrionale. Sono questi gli eventi Dansgaard-Oeschger (DO) che sono archiviati nella calotta glaciale della Groenlandia Se il calore viene riportato a nord, dall’altra parte l’Antartide ne avrà meno a disposizione. La professoressa Stenni ha proseguito: “Per questo motivo, su scala millenaria, durante l’epoca glaciale, quando la Groenlandia si riscaldava, l’Antartide si raffreddava. È questo che leggiamo attraverso le carote di ghiaccio provenienti da Groenlandia e Antartide, le quali ci hanno permesso di comprendere in maniera più profonda tali fenomeni”.

 

L’analisi delle carote: datare e sincronizzare attraverso gli isotopi

 

I ricercatori hanno, quindi, analizzato carote di ghiaccio ottenute da cinque diversi siti in Antartide, mettendole a confronto con quelle estratte in precedenza in Groenlandia.
Le carote di ghiaccio della Groenlandia permettono di andare indietro nel tempo di circa 120.000 anni, mentre in Antartide si parte con carote che hanno un limite temporale minimo di 60.000 anni (che sono frutto di un accumulo nevoso annuo abbastanza alto, il quale permette una risoluzione temporale più elevata), fino ad arrivare alla carota di EPICA Dome C (EDC), che ci riporta a 800.000 anni fa.
Quali sono le informazioni che otteniamo dalle carote di ghiaccio? Analizzandole è possibile ricavare le temperature del passato esaminando la composizione isotopica della molecola dell’acqua. Nel ghiaccio, però, c’è anche un’altra fase: sono le bolle d’aria che racchiudono l’atmosfera delle epoche precedenti alla nostra ed è proprio il loro contenuto, in particolare le concentrazioni di metano (CH4), che permette di rendere confrontabili le età delle carote settentrionali e meridionali e le informazioni che custodiscono, tramite la loro sincronizzazione.
Prima di tutto sono state utilizzate più carote in Antartide per indagare come variasse il clima da un punto di vista regionale in un periodo comune, da 68.000 a 12.000 anni fa. In questo periodo si sono succeduti 16 eventi DO, durante i quali vi è una ridistribuzione del calore da parte degli oceani tra i due emisferi: quando c’è un riscaldamento a nord, vi è un raffreddamento a sud e viceversa, quella che in gergo viene chiamato meccanismo dell’altalena bi-polare (bipolar seesaw). Le carote antartiche sono state sincronizzate adoperando i profili del solfato, infatti le concentrazioni di questo composto sono indicazione di passate eruzioni vulcaniche.
In seguito, per porre sulla stessa scala temporale le carote dell’Antartide e quelle della Groenlandia, è stata adoperata solo la carota WAIS (West Antarctic Ice Sheet) Divide (WDC), quella con un accumulo nevoso annuo maggiore, attraverso la misura del profilo del metano.

 

Le due differenti modalità di comunicazione dei poli

 

Dopo la sincronizzazione delle carote, è stato il turno delle analisi statistiche grazie alle quali è stato possibile individuare le due modalità di comunicazioni dei poli. Vi è una componente più importante per la quale, in seguito al riscaldamento della Groenlandia dovuto a un rinforzo della circolazione termoalina che da valori bassi improvvisamente riparte, produce un raffreddamento in Antartide che avviene 200 anni dopo. Ma c’è anche un’altra componente minore, una parte della variazione climatica che avviene in maniera veloce, via atmosfera, coinvolgendo i venti che circondano l’Antartide, i Westerlies, che si avvicinano o si allontanano a seconda che la Groenlandia si raffreddi o riscaldi: quando si ha un riscaldamento improvviso, i Westerlies si allontanano dall’Antartide e anche l’Intertropical Convergence Zone si muove un po’ più verso nord.
Riassumendo, la circolazione oceanica per mezzo del bipolar seesaw entra in gioco dopo 200 anni in Antartide, dopo un riscaldamento della Groenlandia, mentre la circolazione atmosferica permette una risposta più rapida anche se minore.

 

Il ruolo della paleoclimatologia e gli scenari futuri

 

La paleoclimatologia è la disciplina che ci fornisce dati per ricostruire le temperature del passato ma anche che ci permette di spiegare dei meccanismi che noi, con le informazioni attuali ottenute dalle sole osservazioni, avremmo difficoltà a illustrare. In questo modo i cambiamenti climatici sono posti in un contesto di più ampia scala per cercare di capire meglio quali processi siano in gioco. A partire da questo studio, è possibile prevedere scenari futuri? In questo caso specifico è stato descritto un periodo glaciale, differente da un interglaciale, nel quale stiamo vivendo, quindi non del tutto confrontabile. Ciò che è stato esaminato conferma comunque che i due emisferi comunicano a due velocità differenti, una a scala di decadi, e l’altra secolare. Barbara Stenni ha precisato: “Per ora sappiamo, da studi di altri autori, che c’è stato un rallentamento molto piccolo, del 10%, della circolazione termoalina (la AMOC), il che vuol dire che la corrente del Golfo è leggermente indebolita. Nel passato abbiamo visto che, quando la circolazione termoalina si indebolisce, si hanno degli effetti sulla Intertropical Convergence Zone, che si sposta un po’ più a sud – e quindi indebolisce i monsoni – e sui Westerlies dell’emisfero meridionale che si avvicinano di più all’Antartide”.

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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