Si è chiusa da pochi giorni la Conferenza delle Parti del 2018 (COP24), un appuntamento internazionale fondamentale per la discussione delle problematiche legate al clima. Di cosa si tratta esattamente? Perché è così importante e per quale motivo gli accordi raggiunti sono definiti deludenti da associazioni e organizzazioni che si occupano di ambiente?
Si è chiusa da pochi giorni la Conferenza delle Parti del 2018 (COP24), un appuntamento internazionale fondamentale per la discussione delle problematiche legate al clima. Di cosa si tratta esattamente? Perché è così importante e per quale motivo gli accordi raggiunti sono definiti deludenti da associazioni e organizzazioni che si occupano di ambiente?
Cos’è la COP24?
COP24 è la ventiquattresima Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change-UNFCCC). L’UNFCC è stata approvata nell’ambito della Conferenza sull’ambiente e sullo sviluppo delle Nazioni Unite, tenutasi a Rio de Janeiro (Brasile), nel giugno 1992. Entrata in vigore il 21 marzo 1994, è stata ratificata da 195 Paesi e ha lo scopo di prevenire pericolose interferenze umane nel sistema climatico.
La Conferenza delle Parti è il massimo organo di espressione dell’UNFCC ed è costituito dai rappresentanti delle Parti della Convenzione. Le sessioni si svolgono ogni anno e, in queste occasioni, sono prese decisioni necessarie per assicurare l’effettiva implementazione delle misure della Convenzione e la regolare revisione di tali attività di perfezionamento. In particolare, l’incontro di quest’anno, che ha avuto luogo a Katowice, in Polonia, dal 2 al 15 dicembre, anche alla luce del report scientifico di un mese fa dell’IPCC, ha avuto il compito di valutare le azioni intraprese dai Paesi membri per rendere operativo l’Accordo di Parigi sul clima.
L’intesa sul clima raggiunta
La Conferenza, che sarebbe dovuta terminare venerdì 14 dicembre, è stata in realtà prolungata di un giorno a causa dei disaccordi riguardanti la stesura e il futuro funzionamento di quello che è definito il “Rulebook”, ossia il regolamento che rende operativo l’Accordo di Parigi. Le discussioni sono state legate, oltre al problema della riduzione dello sfruttamento dei combustibili fossili, anche all’ammontare dei finanziamenti dei paesi più sviluppati indirizzati alle nazioni più povere, per supportarle in progetti finalizzati alla mitigazione degli effetti più severi dovuti ai cambiamenti climatici, come ad esempio la siccità. L’intesa è stata trovata in extremis ma sembra che le soluzioni adottate non abbiano convinto chi di clima si preoccupa da anni.
La delusione delle organizzazioni ambientali
Greenpeace parla della COP24 in termini di vero e proprio fallimento. “Nonostante solo due mesi fa il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici abbia lanciato un chiaro allarme, affermando che restano a disposizione solo dodici anni per salvare il clima del Pianeta, la COP24 si è conclusa senza nessun chiaro impegno a migliorare le azioni da intraprendere contro i cambiamenti climatici”, è stato il commento dell’organizzazione non governativa ambientalista e pacifista canadese. “Un anno di disastri climatici e il terribile monito lanciato dai migliori climatologi dovevano condurre a risultati molto più incisivi”, ha affermato Jennifer Morgan, Direttrice Esecutiva di Greenpeace International, “Invece i governi hanno deluso i cittadini e ignorato la scienza e i rischi che corrono le popolazioni più vulnerabili. Riconoscere l’urgenza di un aumento delle ambizioni, e adottare una serie di regole per l’azione per il clima, non è neanche lontanamente sufficiente allorquando intere nazioni rischiano di sparire – ha proseguito Morgan – Senza un’azione immediata, anche le regole più forti non ci porteranno da nessuna parte”.
“I leader mondiali sono arrivati a Katowice con il compito di rispondere agli ultimi rapporti della scienza sul clima, da cui è emerso che abbiamo solo 12 anni per dimezzare le emissioni di CO2 e prevenire un riscaldamento globale catastrofico. Sono stati compiuti importanti progressi, ma ciò a cui abbiamo assistito in Polonia rivela una fondamentale mancanza di comprensione della nostra attuale crisi climatica da parte di alcuni Paesi. Per fortuna, l’Accordo di Parigi è disegnato per essere resiliente alle contingenze e tempeste geopolitiche. Abbiamo bisogno che tutti i paesi si impegnino a innalzare i propri obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2020, perché è in pericolo il futuro di tutti”, ha dichiarato Manuel Pulgar-Vidal, Leader internazionale Clima ed Energia del WWF.
“La Conferenza sul Clima di Katowice – ha commentato Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente – si è conclusa senza una chiara e forte risposta dei governi all’urgenza della crisi climatica, evidenziata dal recente rapporto dell’IPCC. La COP24 non è infatti riuscita a concordare un chiaro impegno di tutti i paesi a rafforzare entro il 2020 gli attuali obiettivi di riduzione delle emissioni in linea con la soglia critica di 1,5°C, ad adottare un efficace quadro normativo, il cosiddetto Rulebook, in grado di dare piena attuazione all’Accordo di Parigi e a garantire un adeguato sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo che devono far fronte a devastanti impatti climatici. Risultato debole e in forte contrasto non solo con il grido di allarme lanciato dall’IPCC, ma anche con la crescente mobilitazione dei cittadini, soprattutto giovani, che in ogni angolo del pianeta chiedono una forte azione globale in grado di fronteggiare la crisi climatica che stiamo vivendo. I prossimi due anni devono servire a costruire partnership capaci di raggiungere il livello di ambizione che la scienza ritiene indispensabile per superare la crisi climatica”. “Ora non sono possibili ulteriori rinvii. Serve – ha aggiunto Ciafani – un forte protagonismo dell’Europa in vista del Summit sul Clima, convocato dal Segretario Generale dell’ONU Guterres per il prossimo settembre 2019 a New York, che deve valutare lo stato di avanzamento del processo di revisione degli attuali impegni, da concludersi entro il 2020 secondo quanto previsto dall’Accordo di Parigi. Ben prima del Summit l’Europa, con il pieno sostegno dell’Italia, deve rivedere il suo obiettivo al 2030, in coerenza con la soglia critica di 1,5°C, andando ben oltre il 55% di riduzione delle emissioni proposto già da diversi governi e dall’Europarlamento, in modo da essere per davvero il pilastro di una forte e sempre più larga Coalizione degli Ambiziosi in grado finalmente di tradurre in azione l’Accordo di Parigi”.
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