Nel cuore della Terra potrebbe esserci più ossigeno di quanto si pensasse. Sono alcune tra le nuove scoperte circa il nucleo e il mantello terrestre che provengono da uno studio del Lawrence Livermore National Laboratory.
Nel cuore della Terra potrebbe esserci più ossigeno di quanto si pensasse. Sono alcune tra le nuove scoperte circa il nucleo e il mantello terrestre che provengono da uno studio del Lawrence Livermore National Laboratory e che potrebbero fornire nuovi indizi sulle origini della Terra. La ricerca, pubblicata sulla rivista PNAS arriva alla conclusione che il materiale che si è consolidato durante la fase della formazione del nostro Pianeta era più ossidato di quanto lo sia il mantello dei giorni attuali, in un modo simile a quello dei planetesimi (come i corpi asteroidali).
La Terra si è formata circa 4,56 miliardi di anni fa e ha impiegato decine di milioni di anni per crescere, sfruttando il contributo di altri corpi rocciosi come i planetesimi. L’energia fornita dagli impatti sempre maggiori ha mantenuto lo strato esterno per parecchio tempo in condizioni simili a quelle di un oceano di magma fluido. La progressiva separazione dei metalli e dei silicati, all’interno di questo magma, ha poi determinato la comparsa di un nucleo metallico e di un mantello di silicio. Come siano precisamente avvenuti questi processi è da anni oggetto di studi. Ora, nella nuova ricerca, gli scienziati sostengono che la formazione del nucleo si sia verificata nelle profondità di questo caldo magma oceanico, a non più di 1800 chilometri, in condizioni di maggiore ossidazione rispetto a quelle della Terra del presente. Le concentrazioni di ossigeno nel nucleo risultano infatti più alte di quanto si pensasse e quelle di silicio sono inferiori rispetto alle precedenti stime.