I fenomeni sismici che hanno interessato l’Italia negli ultimi tempi e la presenza di terremoti sottomarini hanno suscitato in molti di noi un dubbio: esiste un rischio reale di tsunami nel nostro paese? Cerchiamo di capirlo insieme.
I fenomeni sismici che hanno interessato l’Italia negli ultimi tempi e la presenza di terremoti sottomarini hanno suscitato in molti di noi un dubbio: esiste un rischio reale di tsunami nel nostro paese? Cerchiamo di capirlo insieme.
Cos’è uno tsunami?
Uno tsunami, o maremoto, è definito come una serie di onde provocate da qualsiasi evento in grado di muovere verticalmente un’estesa colonna d’acqua. Mentre in una normale onda marina vi è uno spostamento della superficie dell’acqua, legato al vento, le onde di tsunami muovono tutta la colonna d’acqua, dal fondale alla superficie e sono molto più veloci. Questo spiega perché, anche se basse, hanno una forte energia e sono in grado di penetrare nell’entroterra per parecchie centinaia di metri e causare gravi danni. Infatti la parola tsunami deriva dal giapponese tsu, che significa porto, e nami, onda. Il termine richiama comprensibilmente la devastante potenza che queste onde scatenano all’interno di porti o lungo le coste. Qual è la causa di questi eventi parossistici? Sono principalmente generati da forti terremoti sottomarini o in prossimità della costa, meno frequentemente da frane sottomarine o costiere, da eruzioni vulcaniche, raramente dall’impatto di meteoriti in mare.
Il maremoto si manifesta con un iniziale ritiro delle acque che lascia in secco i porti e le navi: questo fenomeno non è altro che il cavo dell’onda il quale preannuncia l’arrivo inevitabile della cresta e la conseguente inondazione. Agli occhi di un osservatore l’evento naturale può apparire simile a una marea che cresce rapidamente, sollevando il livello generale dell’acqua anche di molti metri, oppure come una serie di onde, delle quali la prima non è necessariamente la più grande. O, ancora, può stagliarsi nella forma di un vero e proprio muro d’acqua dall’impatto straordinariamente distruttivo.
Maremoti nella storia
Siamo abituati a pensare agli tsunami come a qualcosa di lontano, che interessa le coste che sono bagnate dagli oceani. Ma sbagliamo. Anche il Mar Mediterraneo e l’Italia hanno una storia di maremoti violenti. Nel corso di studi geomorfologici e geocronologici, condotti su campo lungo le coste del Mare nostrum, sono state riconosciute numerose tracce di maremoti che le hanno colpite negli ultimi 6000 anni circa. I metodi di datazione a disposizione, purtroppo, non permettono di ricostruire una cronologia precisa almeno che i dati ottenuti non siano incrociati, quando possibile, con fonti storiche. A cosa serve sapere quando e dove ci sono stati tsunami nel passato? Il riconoscimento degli eventi avvenuti nel passato e la loro corretta collocazione spaziale e temporale è fondamentale per definire la loro frequenza e poter avere un’idea, seppur non precisa e definitiva, dei tempi di ritorno. Quest’ultimo parametro è detto, in ambito geologico, pericolosità, “la probabilità di occorrenza di un fenomeno potenzialmente pericoloso in un determinato intervallo di tempo e in una certa area”.
La pericolosità, insieme ad altri fattori quali la vulnerabilità, ossia i danni, probabili e possibili, nel caso del ripetersi dell’evento, serve a valutare il rischio (atteso numero di perdite umane, feriti, danni alla proprietà, interruzione di attività economiche, in conseguenza di un particolare fenomeno naturale) legato ai maremoti e, quindi, a prevenire gravi perdite in termini materiali e soprattutto umani.
Secondo le stime riportate dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), dal 79 d.C. – la celebre eruzione del Vesuvio descritta da Plinio il Giovane – a oggi sono avvenuti 72 maremoti, la maggior parte di debole intensità, ma alcuni anche distruttivi. Le coste italiane maggiormente soggette a rischio tsunami sono quelle dello Stretto di Messina, della Sicilia orientale, della Calabria, della Puglia, della Liguria e, in misura minore, quelle delle Marche e della Romagna.
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La situazione attuale
Le coste italiane sono, quindi, soggette a tsunami? Come avrete intuito, tutte le coste del Mediterraneo sono a rischio maremoto a causa dell’elevata sismicità e della presenza di numerosi vulcani attivi, emersi e sommersi, e l’Italia (specialmente Sicilia, Calabria e Puglia) non fa eccezione. Proprio per questo motivo il nostro paese partecipa, dal 2005, al sistema di allertamento internazionale per il rischio maremoto nel Nord-Est Atlantico e Mediterraneo (NEAMTWS), sotto il coordinamento della IOC – Intergovernmental Oceanographic Commission dell’UNESCO. Si tratta di un sistema analogo a quello operante nell’area dell’Oceano Pacifico, dei Caraibi e dell’Oceano Indiano, dove sono già attivi sistemi di allertamento rapido, con la differenza che in un mare poco ampio, quale è il Mediterraneo, i tempi di arrivo delle onde sono molto brevi e questo riduce la finestra utile per mettere in guardia la popolazione. Inoltre, nel 2017, è stato istituito, con una direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, il SiAM – Sistema di Allertamento nazionale per i Maremoti generati da sisma, di cui fanno parte l’INGV che opera attraverso il CAT – Centro Allerta Tsunami, l’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e il Dipartimento della Protezione Civile.
Parliamo ancora dell’incontro tra geologia e storia nell’articolo di Paolo Galli, “Il libro dei terremoti scritto nelle rocce”, che potrete acquistare singolarmente o con il numero di giugno 2018 di Sapere.