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20 Dic 2019

La “neve marina”: cosa si nasconde dietro quelle particelle biancastre degli abissi

Marco Signore

Marco Signore
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Non esiste immersione nel mare profondo senza essere circondati da un turbinio di particelle biancastre, che fluttuano, ruotano, danzano come sospinte dal vento, esattamente come in una nevicata copiosa. Questa neve marina, come viene comunemente chiamata, è una delle basi fondamentali su cui si fonda l’ecologia dell’intero pianeta.

Non esiste immersione nel mare profondo senza essere circondati da un turbinio di particelle biancastre, che fluttuano, ruotano, danzano come sospinte dal vento, esattamente come in una nevicata copiosa. Questa neve marina, come viene comunemente chiamata, è una delle basi fondamentali su cui si fonda l’ecologia dell’intero pianeta.

Gli studiosi si riferiscono ad essa come seston – anche se tecnicamente la neve marina è una componente, anzi la più grande componente, del seston.

 

Di cosa è fatta questa perenne nevicata che va a ricoprire i fondali oceanici?

 

Di virus, batteri, cadaveri, pezzi di gusci e altri “relitti”. Sì, sostanzialmente la neve marina è una pioggia di morti (ma attenzione: può contenere anche viventi) che ineluttabilmente si trascina verso gli abissi, dove diventa cibo per comunità spesso ancora poco conosciute di animali.

Il ruolo della neve marina è ben noto in termini ecologici, almeno per quanto riguarda appunto l’alimentazione degli animali che vivono dove la luce non arriva più. Organismi come gli ctenofori, esseri gelatinosi dotati di ciglia usate come remi, o come il “calamaro vampiro dall’inferno”, il cui terrificante nome scientifico nasconde in realtà un animaletto pacifico e lento, sono specializzati nel raccogliere e mangiare la neve marina durante la sua caduta verso le profondità abissali; sul fondo, invece, la attendono migliaia di altri organismi che la filtrano dall’acqua o la raccolgono tra i fanghi e le argille del mare profondo.

Eppure questa parte del seston è ancora più importante, e non solo per gli abissi marini: la neve marina aiuta a tenere in vita l’intero pianeta.


Dissipatori di carbonio

 

Nel mare tutti mangiano tutti. Sembrerebbe un’osservazione banale, ma di fatto ogni organismo marino, dallo zooplancton alle orche, è un predatore. Gli unici esseri “produttori” sono le alghe del fitoplancton, che stanno alla base delle reti alimentari planetarie, e che producono anche almeno metà dell’ossigeno che respiriamo.

Queste invisibili ma massicce praterie marine sono composte da microalghe che in moltissimi casi si presentano corazzate (dato che tutti cercano di mangiarle, non è una cattiva idea). Le loro corazze sono di silicio o di calcare, e vanno inevitabilmente a fondo, andando a formare i fanghi delle pianure abissali e adali, ma soprattutto sequestrano carbonio dall’atmosfera, di fatto andando a funzionare come dei “dissipatori” naturali, capaci di sequestrare e tenere bloccata sul fondo oceanico fino al 25% dell’anidride carbonica atmosferica, e quindi raffreddando il pianeta.

Questo ruolo della neve marina era conosciuto dagli studiosi, ma solo di recente è stato possibile quantificarlo… e purtroppo ce ne siamo accorti in un momento di catastrofe.

 

Mari acidi: quali sono le conseguenze?

 

Sfortunatamente, i gusci calcarei che sequestrano CO2 vengono sciolti rapidamente ora che gli oceani diventano più caldi e acidi. Il riscaldamento globale e l’acidificazione degli oceani di fatto riducono il plancton vivente, e quindi anche la caduta della neve marina, con conseguente diminuzione della capacità di sequestrare anidride carbonica. In tal modo, una delle difese principali del nostro pianeta contro il riscaldamento globale viene ridotta giorno dopo giorno dalle azioni umane, che riscaldano e acidificano gli oceani sempre più rapidamente. Il risultato è che meno neve marina cade, meno CO2 viene tolta dall’atmosfera, più il pianeta si riscalda.

Questo ottimo esempio di causalità sistemica, per dirla con George Lakoff, contribuisce a minacciare ancora di più il pianeta e ci impone di correre ai ripari. Forse è tardi, ma non è ancora troppo tardi, e mai come in questo caso… anche un fiocco di neve può fare la differenza, non importa che sia neve terrestre o marina.

 

Marco Signore
Marco Signore
Laureato a Napoli in Scienze Naturali, PhD all'Università di Bristol in paleobiologia con specializzazioni in morfologia e tafonomia, è nella divulgazione scientifica da quasi 20 anni, e lavora presso la Stazione Zoologica di Napoli "Anton Dohrn". Nel tempo libero si occupa anche di archeologia, oplologia, musica, e cultura e divulgazione ludica.
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