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20 Ago 2021

Radiodonta: i superpredatori del Cambriano

Marco Signore

Marco Signore
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La storia di Anomalocaris, un organismo fossile in origine descritto dai giacimenti di Burgess Shale, in Canada, è famosa tra gli studenti di paleontologia, perché dimostra come talvolta si possano descrivere parti del corpo di un organismo come diversi singoli animali. I resti ritrovati furono infatti per molto tempo descritti e interpretati erroneamente. La “colpa” è senza dubbio ascrivibile ai processi di fossilizzazione, ma l’osservazione dettagliata e l’aumento continuo delle nostre conoscenze aiuta a diminuire costantemente questi errori, altrimenti sempre possibili. Comunque, una cosa è certa: Anomalocaris era un gigante nei mari del Cambriano, intorno ai 530 milioni di anni fa, e probabilmente un predatore temuto.
Tuttavia gli strani animali ritrovati con questo “gambero inusuale” (questo il significato del suo nome) attirano l’attenzione di una bella fetta della comunità paleontologica, perché nei giacimenti del Cambriano si può studiare quella che viene definita a torto o ragione “esplosione cambriana”, ed è quindi possibile trovare molti indizi sulla prima fase dell’evoluzione degli animali.
Così, gli studi su Anomalocaris hanno di fatto dimostrato che questo cacciatore marino era solo uno dei membri del gruppo di artropodi definito Radiodonta, per via della struttura radiata della bocca, e che include i più grandi predatori di quei tempi, ma anche altre peculiari forme di vita.
Di recente, un team di studiosi delle università di Bristol e Birmingham, che include l’italiano Giacinto De Vivo, ha pubblicato uno studio dettagliato sulle peculiari appendici “predatorie” dei radiodonti, arrivando a conclusioni interessanti.

 

Partizione ecologica

I radiodonti sono noti da diversi giacimenti principalmente cambriani (ma anche ordoviciani e devoniani), come appunto Burgess Shale in Canada, ma anche Chengjiang in Cina: sono animali dotati di una serie di lobi laterali lungo il corpo per il nuoto, e due appendici frontali, flessibili e armate di spine, di foggia e dimensioni differenti.
Proprio studiando queste appendici, i ricercatori hanno potuto dimostrare che ogni specie di radiodonte tra quelle presenti nel giacimento di Burgess si nutriva in maniera diversa dagli altri: alcuni erano predatori di organismi capaci di muoversi, altri attaccavano animali lenti e non corazzati, e altri ancora potevano filtrare i sedimenti (o vivere da filtratori nectonici).
Le bocche di questi animali sembrano fatte più per succhiare che per spezzettare o masticare le prede, e i coproliti (escrementi fossili) sembrano confermare che le prede dotate di corazze dure fossero decisamente poco frequenti per questi grandi artropodi.
Inefficienza di design
Per quanto fossero i più grandi animali dei mari cambriani, con oltre 50 cm di lunghezza, i radiodonti furono presto soppiantati da artropodi più evoluti, nonostante abbiano “resistito” fino all’inizio del Devoniano. Una delle ragioni della loro estinzione sarebbe da ricercare proprio nella loro inefficienza come predatori: laddove gli artropodi più avanzati, come granchi o insetti, hanno una serie di strutture che permettono la masticazione della preda prima o dopo l’ingestione, i radiodonti ne sembrano sprovvisti, e quindi questa incapacità di manipolare le prede li avrebbe messi rapidamente in svantaggio rispetto alle specie in competizione. Nonostante ciò, Anomalocaris e i suoi simili ricopriranno sempre un posto particolare nell’immaginazione di tutti gli appassionati e gli studiosi di paleontologia.

 

Immagine di copertina: Junnn11 – Wikimedia

Marco Signore
Marco Signore
Laureato a Napoli in Scienze Naturali, PhD all'Università di Bristol in paleobiologia con specializzazioni in morfologia e tafonomia, è nella divulgazione scientifica da quasi 20 anni, e lavora presso la Stazione Zoologica di Napoli "Anton Dohrn". Nel tempo libero si occupa anche di archeologia, oplologia, musica, e cultura e divulgazione ludica.
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