Da bambino detestavo il telegiornale del pomeriggio, quello delle 17; nell’attesa della TV dei ragazzi, mi sembrava infinito. Correvano gli anni ’70 e ho un ricordo preciso di quei noiosi TG in bianco e nero: erano pieni di notizie su guerre e tensioni in Medio Oriente e sulle “crisi petrolifere”.
Da bambino detestavo il telegiornale del pomeriggio, quello delle 17; nell’attesa della TV dei ragazzi, mi sembrava infinito. Correvano gli anni ’70 e ho un ricordo preciso di quei noiosi TG in bianco e nero: erano pieni di notizie su guerre e tensioni in Medio Oriente e sulle “crisi petrolifere”.
3 gennaio 2020, alba di un nuovo decennio, qualche speranza di cambiamenti positivi balena per la mente. Niente da fare, accendo la TV e mi trovo immerso nello stesso telegiornale di 45 anni fa. Gli Stati Uniti hanno eliminato un generale iraniano ritenuto un pericolo mortale per la sicurezza nazionale e internazionale, il prezzo del petrolio si impenna immediatamente. Pochi giorni dopo l’Iran scatena la rappresaglia contro obiettivi militari, ma per errore abbatte un aereo civile causando 176 morti. Curiosamente, lo scontro si consuma in un terzo Paese, l’Iraq. Non il massimo della diplomazia e dell’eleganza, ma nessuno fa una piega.
Sono passati quasi 50 anni e siamo ancora lì: tensioni, ritorsioni e guerre nella cosiddetta Ellisse strategica dell’energia, l’area che va dalla Siberia settentrionale alla Penisola arabica, nella quale è concentrato più del 70% delle riserve mondiali di petrolio e gas convenzionali. Il predominio regionale si gioca tra Arabia Saudita e Iran (ovvero sunniti vs. sciiti), ma il risiko coinvolge inevitabilmente i grandi consumatori mondiali di energia, tutti localizzati fuori dall’Ellisse: Nord America, Cina, Europa, India, Giappone, Sud-Est asiatico.
In questo inestricabile groviglio, la Russia gioca molte partite, ben radicata nella roccaforte siriana. La Turchia mira ad allargare la sua influenza nella regione, ma i suoi alleati NATO non ne sono entusiasti. Gli Stati Uniti sono presenti in forze e appoggiano tre alleati di ferro: Arabia Saudita, Israele e Pakistan, a loro volta non proprio amici fra loro. Da decenni, alcuni Paesi dell’area sono teatro di sanguinose guerre di ogni tipo che li hanno devastati e impoveriti: Afghanistan, Iraq, Yemen. Sorte migliore è toccata al minuscolo Qatar, ricchissimo perché seduto sul più grande giacimento mondiale di gas, che deve però condividere con un dirimpettaio ingombrante, l’Iran. Altro cruciale forziere di gas è il Turkmenistan, un Paese che praticamente nessuno sa individuare su una mappa.
Nell’Ellisse, ogni lembo di terra è importante, perché non basta produrre petrolio e gas, occorre smistarli dove servono. Ecco allora le regioni cerniera (ad esempio il Caucaso) e la guerra dei gasdotti da portare in Europa senza toccare Paesi che oggi sono nemici, ma domani chissà, oppure da girare di 180 gradi verso la Cina, dove sono benvenuti. Nel caos dell’Ellisse abbiamo persino un popolo senza patria, i curdi, da utilizzare o scaricare, a seconda delle circostanze.
Il tutti contro tutti si gioca sotto l’occhio di un poderoso apparato militare internazionale che vigila sulle rotte delle navi petroliere/metaniere e oggi utilizza anche subdoli giocattoli come i droni. Il costo astronomico di questo apparato e delle infinite guerre da esso alimentate non è caricato sul prezzo di benzina e gasolio. Non possiamo infatti permetterci un costo superiore ai due euro al litro – meno di una bottiglia di acqua minerale nella peggiore pizzeria italiana – altrimenti l’economia mondiale collassa e dobbiamo mettere in discussione il nostro tenore di vita. Questi costi nascosti li paghiamo con la fiscalità generale, ma quasi nessuno lo sa e quindi va bene così.
In questi giorni di inizio decennio la maledizione dell’Ellisse si allunga fino a casa nostra: l’inquinamento della Pianura Padana – dopo anni di diesel puliti e decenni di metano che ti dà una mano – è alle stelle. Agli antipodi, un’immane catastrofe di fuoco devasta l’estate australiana, ultimo avvertimento della natura sul riscaldamento globale.
Io mi sarei anche rotto le scatole di questa maledetta Ellisse e vorrei cambiare telegiornale.