In un soggetto immunodepresso, innocui microrganismi che convivono pacificamente con l’uomo possono trasformarsi in feroci assassini, nel momento in cui invadono distretti differenti da quelli abituali. Alcuni di questi appartengono alla famiglia delle Enterobacteriaceae, batteri capaci di colonizzare il nostro intestino. di questa famiglia fanno parte sia veri e propri patogeni, sia commensali che possono svolgere un’azione benefica come parte del microbiota, e che possono diventare anch’essi patogeni. Klebsiella pneumoniae, per esempio, colonizza l’intestino di soggetti sani; in questi ultimi occasionalmente può dar luogo a infezioni di solito facilmente curabili. In ambiente ospedaliero può provocare gravi infezioni come polmoniti e setticemie.
In un soggetto immunodepresso, innocui microrganismi che convivono pacificamente con l’uomo possono trasformarsi in feroci assassini, nel momento in cui invadono distretti differenti da quelli abituali. Alcuni di questi appartengono alla famiglia delle Enterobacteriaceae, batteri capaci di colonizzare il nostro intestino. di questa famiglia fanno parte sia veri e propri patogeni, sia commensali che possono svolgere un’azione benefica come parte del microbiota, e che possono diventare anch’essi patogeni. Klebsiella pneumoniae, per esempio, colonizza l’intestino di soggetti sani; in questi ultimi occasionalmente può dar luogo a infezioni di solito facilmente curabili. In ambiente ospedaliero può provocare gravi infezioni come polmoniti, setticemie etc.; la contaminazione avviene attraverso trasmissione da persona a persona o tramite dispositivi medici come cateteri venosi centrali o apparecchi per la ventilazione assistita. In pazienti già debilitati la colonizzazione si trasforma in vera e propria infezione.
Un batterio molto resistente
Molti ceppi di K. pneumoniae hanno sviluppato resistenza a quasi tutti gli antibiotici in commercio. Nel 2001 è stato riportato il primo caso di K. pneumoniae resistente ai carbapenemi, farmaci di emergenza per il trattamento di infezioni gravi da germi multiresistenti. La resistenza ai carbapenemi è conferita da enzimi denominati carbapenemasi, codificati da geni plasmidici e di conseguenza trasferiti molto facilmente da un batterio all’altro (i plasmidi sono, infatti, piccole sequenze di DNA circolare che i batteri possono trasferire da una cellula all’altra, non necessari alla sopravvivenza ma portatori di geni per tossine e resistenza ai farmaci), anche di specie diverse. Il trattamento di batteri produttori di carbapenemasi richiede l’utilizzo di diversi antibiotici ad elevati dosaggi e la mortalità risulta elevata. L’equilibrio tra l’uomo e le specie microbiche che lo colonizzano è molto delicato ed il confine tra semplice colonizzazione e infezione può essere facilmente attraversato.