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26 Nov 2018

Si stava meglio quando si stava peggio? Non nel 536

Alessia Colaianni

Alessia Colaianni
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Quante volte abbiamo sentito dire da qualche nostalgico “si stava meglio quando si stava peggio”, riferendosi al – percepito ma non reale – peggioramento della qualità di vita, tra malattie, inquinamento e cambiamenti climatici in atto? Trascurando le condizioni medie in cui versavano i nostri predecessori, c’è stato realmente un annus horribilis: è il 536. Come lo sappiamo? Grazie a fonti storiche e alle preziose informazioni conservate nei ghiacciai.

Quante volte abbiamo sentito dire da qualche nostalgico “si stava meglio quando si stava peggio”, riferendosi al – percepito ma non reale – peggioramento della qualità di vita, tra malattie, inquinamento e cambiamenti climatici in atto? Trascurando le condizioni medie in cui versavano i nostri predecessori, c’è stato realmente un annus horribilis: è il 536. Come lo sappiamo? Grazie a fonti storiche e alle preziose informazioni conservate nei ghiacciai.

 

In un articolo pubblicato sul sito della rivista Science si parla degli studi dello storico medioevale dell’Università di Harvard, Michael McCormick, che hanno portato all’ipotesi secondo la quale il 536 d.C. sarebbe stato il peggior anno in cui nascere. Una nube misteriosa avvolse l’Europa, il Medio Oriente e parte dell’Asia, oscurandone i cieli per ben 18 mesi. Lo testimoniava già lo storico bizantino alla corte dell’imperatore Giustiniano, Procopio di Cesarea, che ai tempi scriveva: “Il Sole sorgeva ma la sua luce non illuminava, come la Luna, per tutto l’anno”. Durante quell’estate le temperature scesero di 1,5-2,5°C, dando inizio al decennio più freddo dei passati 2300 anni. E così cominciarono anche gli effetti di questo mutamento del clima: raccolti bruciati dal freddo, carestie e popoli affamati. Come in una reazione a catena, arrivò anche la peste bubbonica, nel 541: era quella che noi chiamiamo la Peste di Giustiniano, un’epidemia che si diffuse rapidamente cancellando buona parte della popolazione dell’Impero Romano d’Oriente e accelerandone il collasso.

 

Da dove veniva questa nube oscura, portatrice di tempi così funesti? Gli scienziati lo hanno domandato ai ghiacciai. Le analisi dendrocronologiche, come riportato in un articolo pubblicato su Nature nel 2015, avevano confermato un periodo di freddo eccezionale che aveva interessato il Nord America, l’Europa e l’Asia nell’estate del 536 d.C.. Purtroppo, dallo studio degli anelli degli alberi, non era stato possibile dedurre il motivo di questo cambiamento climatico che, invece, l’esame di carote di ghiaccio prelevate in Groenlandia e Antartide aveva iniziato a svelare. La polvere che aveva oscurato i cieli era stata prodotta da eruzioni vulcaniche.

 

Quali sono state le prove ritrovate dai glaciologi coinvolti nella ricerca? Quando un vulcano erutta, emette nell’atmosfera solfuro, bismuto e altre sostanze che formano un velo di aerosol in grado di riflettere la luce del Sole e portare così al raffreddamento del Pianeta. Confrontando le tracce di questi elementi chimici presenti nelle carote di ghiaccio con i record climatici ricostruiti dalla dendrocronologia, gli studiosi sono riusciti dimostrare che tutte le estati anomale che si sono succedute negli ultimi 2500 sono state precedute da eruzioni vulcaniche. In particolare, un primo episodio eruttivo era avvenuto probabilmente in Nord America tra il 535 e il 536, seguito da un secondo evento tra il 539 e il 540.

 

La ricerca pubblicata su Antiquity pochi giorni fa, però, sembra cambiare le carte in tavola, almeno in parte. Analizzando una carota proveniente dal ghiacciaio del Colle Gnifetti, sulle Alpi svizzere, l’origine del materiale piroclastico ritrovato è stata messa in dubbio. Grazie alle nuove metodologie a disposizione, la LA-ICP-MS (ablazione laser-plasma accoppiato induttivamente-spettrometria di massa), è stato possibile esaminare frammenti di ghiaccio di soli 120 micron (il micron equivale a 1/1000 di millimetro), ottenendo l’analisi degli elementi presenti con una risoluzione temporale compresa tra pochi giorni e alcune settimane.

 

In corrispondenza della primavera del 536 sono state ritrovate anche due particelle microscopiche di vetro vulcanico che corrisponderebbero all’eruzione di un vulcano islandese e non nord americano, informazione corroborata dalla somiglianza con altre particelle appartenenti a depositi di torbiera europei e carote di ghiaccio della Groenlandia. I ricercatori sono stati tuttavia cauti nel confermare questi ultimi risultati che necessiteranno di ulteriori approfondimenti e confronti.

 

Cosa successe dopo il 536 d.C.? Gli stessi ghiacci ci raccontano che, dopo altre numerose eruzioni, la situazione migliorò intorno al 640, come testimoniano i picchi di piombo registrati: l’argento è ricavato da minerali di piombo e la sua presenza in atmosfera indica che vi era domanda del prezioso metallo e, quindi, che l’economia era finalmente in fase di recupero. Nella storia arrivarono altri periodi bui, forse non peggiori del 536, ma altrettanto disperati (basti pensare alla Grande Peste, pandemia che in Europa durò dal 1347 al 1352). Consiglierei di essere, quindi, meno frettolosi nell’affermare che “si stava meglio quando si stava peggio”.

Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Giornalista pubblicista, si è laureata in Scienza e Tecnologia per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali e ha un dottorato in Geomorfologia e Dinamica Ambientale. Divulga in tutte le forme possibili e, quando può, insegna.
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