Le plastiche non danneggiano solo l’ambiente. Anche la nostra salute è spesso a rischio a causa di alcuni componenti di questi materiali che sono a oggi ancora molto utilizzati nell’industria alimentare. Gli scienziati sono alla ricerca di alternative valide ma, nel frattempo, è il caso di comprendere la composizione delle plastiche che adoperiamo nella vita di tutti i giorni. Questa non è esattamente un’impresa semplice. Lo sanno i ricercatori del progetto PlastX che hanno condotto uno studio sulla tossicità e composizione chimica dei prodotti di consumo in plastica, come ad esempio vasetti degli yogurt e spugne da bagno. Cosa avranno scoperto?
Le plastiche non danneggiano solo l’ambiente. Anche la nostra salute è spesso a rischio a causa di alcuni componenti di questi materiali che sono a oggi ancora molto utilizzati nell’industria alimentare. Gli scienziati sono alla ricerca di alternative valide ma, nel frattempo, è il caso di comprendere la composizione delle plastiche che adoperiamo nella vita di tutti i giorni. Questa non è esattamente un’impresa semplice. Lo sanno i ricercatori del progetto PlastX che hanno condotto uno studio sulla tossicità e composizione chimica dei prodotti di consumo in plastica, come ad esempio vasetti degli yogurt e spugne da bagno. Cosa avranno scoperto?
Plastiche: un mix poco chiaro
Le plastiche sono materiali polimerici, ossia formati da molecole organiche molto grandi, dette macromolecole, composte da unità più piccole, i monomeri, che si legano tra loro chimicamente. Tradizionalmente derivanti dai prodotti del petrolio, possono contenere un numero elevato di “ingredienti”, tra cui gli additivi che servono a migliorarne le proprietà o facilitarne la lavorazione. Cosa sappiamo di ciò che è contenuto nelle plastiche che sono parte della nostra quotidianità? In realtà molto poco. Ed è per questo che i ricercatori del progetto PlastX, che ha come obiettivo la comprensione del ruolo di questi materiali nella nostra società e del loro impatto sull’ambiente, hanno analizzato la tossicità e la composizione chimica dei diversi prodotti in plastica. I risultati sono stati pubblicati su Environmental Science and Technology.
Gli scienziati alla ricerca di tutti gli “ingredienti” che compongono le plastiche
Attualmente più di 4000 composti chimici sono impiegati per gli imballaggi alimentari in plastica ma esistono più di 5000 tipologie differenti di plastiche sul mercato e il numero di molecole che fanno parte degli “ingredienti” di questi materiali è anche maggiore. Siamo esposti a questi agenti chimici tutti i giorni e solo alcuni sono stati studiati e diventati oggetto di misure legislative restrittive. Un esempio è il bisfenolo A (2,2-bis (4-idrossifenil) propano), presente nella lavorazione delle plastiche in policarbonato, un interferente endocrino che può migrare in quantità minime in cibi e bevande conservati in oggetti che lo contengono.
I ricercatori hanno, quindi, confrontato le plastiche con cui veniamo in contatto quotidianamente, occupandosi degli otto polimeri maggiormente adoperati. Si è proceduto in base ai risultati di analisi tossicologiche e chimiche eseguite in vitro, quindi non direttamente all’interno di organismi viventi ma su colture cellulari. Le otto tipologie di plastiche sono state il cloruro di polivinile (PVC, vietato in Italia dal 1999), il poliuretano (PUR), il polietilene tereftalato (PET), il polietilene ad alta densità (HDPE), il polietilene a bassa densità (LDPE), il polistirene (PS), il polipropilene (PP) e l’acido polilattico (PLA) delle bioplastiche.
Gli effetti di alcune sostanze e le plastiche da evitare
La maggior parte dei campioni esaminati, il 74%, conteneva sostanze in grado di provocare tossicità, stress ossidativi, danneggiamento a livello cellulare e alterazione del sistema endocrino. Quali sono risultate le plastiche più tossiche? PVC e PUR hanno registrato la più alta tossicità, mentre PET e HDPE hanno bassa o nulla tossicità. LPE, PS e PP hanno valori variabili. La vera sorpresa sono le bioplastiche, in cui è stata rilevata un’alta tossicità. Le bioplastiche sono prodotti derivati da biomasse, risorse rinnovabili come piante, e non dal petrolio. Ma, come affermano gli studiosi, sono comunque plastiche. Martin Wagner, biologo della Norwegian University of Science and Technology e autore dell’articolo, ha commentato: “Riguardo la tossicità è lo stesso problema. Siamo allo stesso modo all’oscuro dei composti chimici utilizzati nelle bioplastiche”.
Nel lavoro, pubblicato su Environmental Science and Technology, sono state trovate più di 1400 sostanze ma identificate solo 260: ciò significa che gli ingredienti che compongono le plastiche rimangono per lo più sconosciuti ed è per questo che dobbiamo rivolgere particolare attenzione alle nostre scelte.
I consigli per un uso responsabile delle plastiche
È bene sottolineare che per ora i risultati ottenuti si riferiscono a esperimenti in vitro, su colture cellulari e non su organismi viventi, e che quindi non siamo a conoscenza del modo in cui le sostanze studiate agiscano sulla nostra salute. Alla luce dei risultati è, però, corretto diventare consumatori responsabili. Come? PlastX suggerisce alcuni comportamenti:
- non acquistare plastica non necessaria e ridurre l’esposizione a questi materiali e il loro utilizzo, ad esempio comprando cibo fresco e senza imballaggi;
- evitare prodotti in PVC quando possibile (sono identificati con il numero 3 nei codici di riciclaggio) e tutti gli “Altri tipi di plastica” (codice numero 7) perché non è chiaro quali siano i loro componenti;
- i consumatori devono richiedere plastica sicura, ad esempio pretendendo trasparenza da parte dei rivenditori.
Martin Wagner ha spiegato: “[Durante il lavoro di ricerca] Abbiamo trovato un prodotto che era di gran lunga meno tossico degli altri fatti dello stesso materiale. Ciò è incoraggiante perché mostra che plastiche più sicure sono già in commercio“. Questo significa che le industrie possono plausibilmente produrre plastica che non contenga agenti tossici. “Abbiamo bisogno di evitare di demonizzare le plastiche. Ma considerando che viviamo nell’età della plastica, abbiamo necessità di essere sicuri che non influisca sulla nostra salute”.
Volete saperne di più sulla bioplastica? Vi consigliamo di acquistare e leggere l’articolo di Stefano Bertacchi, “Amore di (bio)plastica”, pubblicato nel numero di aprile 2018 di Sapere.
Credits immagine: foto di mali maeder da Pexels