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26 Feb 2019

Capire l’evoluzione della locomozione riportando un fossile in vita

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Ricostruire le caratteristiche di alcune delle forme di vita presenti circa 300 milioni di anni fa sulla Terra è un obiettivo a dir poco ambizioso. Un fossile ben conservato, le sue antiche impronte e un insieme di tecnologie all’avanguardia hanno reso possibile lo studio della locomozione di Orobates pabsti, un vicino parente dell’ultimo antenato comune di rettili, uccelli e mammiferi, quindi anche di noi esseri umani.

Ricostruire le caratteristiche di alcune delle forme di vita presenti circa 300 milioni di anni fa sulla Terra è un obiettivo a dir poco ambizioso. Un fossile ben conservato, le sue antiche impronte e un insieme di tecnologie all’avanguardia hanno reso possibile lo studio della locomozione di Orobates pabsti, un vicino parente dell’ultimo antenato comune di rettili, uccelli e mammiferi, quindi anche di noi esseri umani.

 

Che tipo di animale è Orobates pabsti e perché è importante conoscerlo?

 

La ricostruzione della locomozione di vertebrati ormai estinti è utile nella comprensione della loro paleobiologia, ossia nello studio delle loro condizioni di vita nel passato, e costituisce un supporto nella elaborazione di una teoria legata ai più significativi passaggi dell’evoluzione dei vertebrati stessi. La valutazione delle modalità di spostamento di una specie fossile, come potrete immaginare, è una vera e propria sfida a causa del numero limitato di informazioni giunte sino a noi e alla mancanza di una corrispondenza diretta tra forma e funzione: come leggerete in seguito, sono numerose le variabili che determinano il modo di camminare di un animale, alcune delle quali non facilmente deducibili dalla sua anatomia.
Perché studiare come Orobates pabsti si muoveva nel Permiano? L’orobate è un animale vissuto circa 290 milioni di anni fa e appartiene al gruppo dei diadectomorfi, vertebrati terrestri riconosciuti come un primitivo ramo del lignaggio che ha portato agli amnioti, gruppo di vertebrati che comprende le classi dei rettili, degli uccelli e dei mammiferi. L’esame della locomozione serve proprio per capire come si siano diversificate queste classi a partire da un comune antenato: l’evoluzione della locomozione sulla terra ferma – un tipo di comportamento più eretto, bilanciato e che risparmia energia dal punto di vista meccanico che gli scienziati assumono possa essere stato tipico nei primi tetrapodi amnioti – è stato in precedenza legato all’abbandono della vita acquatica e alla diversificazione dei rami evolutivi degli amnioti.

 

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Dal fossile alla simulazione in 3D

 

Nel 1998, vicino Gotha, in Germania, fu ritrovato un fossile di Orobates pabsti eccezionalmente ben conservato e, nel 2007, fu accertato che una seria di impronte fossili rinvenute nello stesso sito non erano altro che tracce prodotte dalla camminata dell’animale. Questa connessione tra impronte e specie, la più antica mai conosciuta, è stata il punto di partenza del lavoro dei ricercatori dell’Università Humboldt di Berlino e della Scuola politecnica federale di Losanna, i cui risultati sono stati pubblicati tra le pagine della rivista scientifica Nature.
L’approccio seguito dagli studiosi è stato multidisciplinare. A partire dallo scheletro inglobato nella roccia e dalle tracce fossili si è proceduto prima di tutto alla scansione ad alta risoluzione mediante tomografia computerizzata di entrambi gli oggetti. Le immagini ricavate sono state quindi impiegate per sviluppare un modello 3D digitale, animato sulla base di analisi biomeccaniche dettagliate su animali viventi: l’andatura di esemplari odierni di caimano, iguana, salamandra e scinco (rettile della famiglia Scincidae) è stata esaminata tramite riprese video a raggi X e sono stati ricavati parametri chiave per definire il tipo di spostamento che, dalle ossa a disposizione, era probabilmente anche quello dell’orobate. L’analisi della lunghezza e larghezza della falcata dell’animale tramite il modello virtuale plasmato sulle variabili ricavate da specie attuali ha permesso agli scienziati di trarre delle prime conclusioni sulla sequenza dei movimenti e sulla postura del tetrapode.

 

Dal virtuale al reale: ORObot, il robot biomimetico
 

Dopo aver calcolato la locomozione più probabile per l’orobate si è passati allo step successivo. Sì, perché la simulazione virtuale non può considerare e ricostruire in dettaglio tutte le molteplici variabili presenti nella vita reale. Per valutare le previsioni calcolate dal modello nel mondo reale, i ricercatori hanno stampato ogni singola parte dello scheletro, in seguito assemblate da un tassidermista fino a ricreare un modello robotizzato dell’animale a partire dai ritrovamenti fossili: ORObot, un robot biomimetico in grado di camminare secondo le modalità precedentemente individuate dalla simulazione, con il vincolo delle tracce fossili ritrovate nel 2007.
Come si spostava, quindi, l’Orobates pabsti? Testando centinaia di falcate, gli studiosi hanno compreso che il movimento più probabile per l’antico tetrapode somiglia a quello del caimano, un rettile dell’ordine dei Crocodylia. Ciò indica che questa forma di locomozione, più avanzata ed eretta, si è evoluta 40 milioni di anni prima di quanto ipotizzato in precedenza.

 

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Dopo questo incredibile successo, gli scienziati hanno suggerito che questo approccio potrà essere adoperato per capire come altre specie fossili si muovevano, incluse quelle significative per altre importanti transizioni nell’evoluzione dei vertebrati, come ad esempio l’andatura eretta e il volo.

 

Continuate a esplorare i paleoambienti acquistando e leggendo l’articolo di Luigia Sabbatini e Inez Dorothé van der Werf, “L’ambra: una finestra sul passato”, pubblicato nel numero di febbraio 2016 di Sapere.

 

Immagine di copertina: fossile (olotipo) di Orobates pabsti (MNG 10181), conservato presso il Museum der Natur Gotha, Stiftung Schloß Friedenstein , in Germania. Credits: John A. Nyakatura, Vivian R. Allen, Jonas Lauströer, Amir Andikfar, Marek Danczak, Hans-Jürgen Ullrich, Werner Hufenbach, Thomas Martens, Martin S. Fischer [CC BY 2.5], via Wikimedia Commons

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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