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10 Set 2019

Come spiegare la vista umana con la matematica

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Lo state facendo in questo preciso momento. State usando la vostra vista per leggere questo articolo. È automatico e probabilmente non vi siete mai chiesti qual è il meccanismo che vi permette di osservare il mondo. Gli scienziati lo hanno fatto, anzi è da anni che cercando di spiegare come funziona la visione umana: questo perché è un fenomeno più complesso di quanto si possa immaginare e molte sue fasi non sono ancora state comprese nel dettaglio. E se chiedessimo aiuto alla matematica e creassimo un modello per capire come occhi e cervello ci permettono di percepire ciò che ci circonda?

Lo state facendo in questo preciso momento. State usando la vostra vista per leggere questo articolo. È automatico e probabilmente non vi siete mai chiesti qual è il meccanismo che vi permette di osservare il mondo. Gli scienziati lo hanno fatto, anzi è da anni che cercando di spiegare come funziona la visione umana: questo perché è un fenomeno più complesso di quanto si possa immaginare e molte sue fasi non sono ancora state comprese nel dettaglio. E se chiedessimo aiuto alla matematica e creassimo un modello per capire come occhi e cervello ci permettono di percepire ciò che ci circonda?

 

Come funziona la vista?

 

Quello della visione è un fenomeno complesso che si posiziona nell’intersezione tra fisica, fisiologia e psicologia. Descrivendolo a partire dalle conoscenze che abbiamo dalle prime due discipline elencate, sappiamo che i nostri occhi percepiscono la luce e trasmettono messaggi al cervello che rielabora queste informazioni sotto forma di immagini. Nello specifico, le radiazioni elettromagnetiche di un determinato intervallo di lunghezze d’onda (quello detto del “visibile”) entrano nell’occhio attraverso la cornea, una vera e propria lente. La luce quindi attraversa la pupilla e giunge al cristallino, un’altra lente che – modificando la propria forma a seconda della distanza dell’oggetto osservato – permetterà di mettere a fuoco sulla retina l’immagine. La retina è la membrana più interna del nostro occhio e contiene coni e bastoncelli che sono dei fotorecettori: i primi, legati alla visione diurna, permettono di rilevare colori e dettagli, i secondi sono invece responsabili della visione notturna. Attraverso reazioni biochimiche, coni e bastoncelli trasformano i segnali luminosi in segnali nervosi e quest’ultimi viaggiano attraverso il nervo ottico alla volta del cervello per convertire gli impulsi elettrici in immagine.

 

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Riscrivere Moby Dick a partire dagli appunti su un fazzoletto
 

È proprio l’ultima parte del processo che ci permette di vedere a essere poco compreso dagli studiosi e ciò è ben spiegato nell’articolo pubblicato su Quanta magazine. La retina è collegata alla corteccia visiva, nel nostro cervello, ma questa connessione è in realtà molto debole: per un’area visiva ampia quasi quanto un quarto di luna piena ci sono solo 10 cellule nervose che connettono la retina con la corteccia visiva. Queste cellule compongono il corpo (o nucleo) genicolato laterale, l’unica via percorribile dalle informazioni ricevute dall’esterno, dagli occhi, per arrivare nel nostro cervello. Le cellule del corpo genicolato laterale inviano un impulso alla corteccia visiva quando rilevano un cambiamento delle condizioni di luce e ombra nella piccola sezione del loro campo visivo. Un po’ poco se pensiamo al bombardamento di informazioni a cui è sottoposta la retina. Come scrive Kevin Hartnett, autore dell’articolo, “Osservare il mondo basandosi su così poche informazioni è come cercare di ricostruire Moby Dick da degli appunti presi su un fazzoletto”.

 

Iniziare a capire i meccanismi della vista con la matematica

 

Eppure siamo in grado di godere delle sfumature di un tramonto o dello sbaluginare di colori e riflessi di un prato fiorito. Come facciamo? I ricercatori stanno tentando di risolvere questo mistero da molti anni. La prima risposta a questo enigma è nella corteccia visiva: mentre corteccia e retina hanno una scarsa connessione, la corteccia stessa possiede un’alta concentrazione di cellule nervose. È quindi il cervello che, elaborando le poche informazioni a sua disposizione, compie tutto il lavoro. Come si spiega questo? È qui che i matematici sono entrati in gioco: si sono da sempre interessati di sistemi dinamici, dal movimento delle palle su un tavolo da biliardo all’evoluzione dello spazio-tempo, e anche la vista può essere descritta come tale, per quanto i fenomeni biologici siano difficilmente inquadrabili in una serie finita di regole. I ricercatori hanno cercato, quindi, di descrivere i suddetti processi biologici con un modello matematico.
Le cellule del corpo genicolato laterale inviano alla corteccia un insieme di impulsi elettrici, scatenando una cascata di interazioni tra neuroni: i singoli neuroni ricevono segnali da centinaia di altre cellule nervose nello stesso momento. Questi segnali stimolano l’attivazione del neurone mentre altri la bloccano. Dal momento in cui un neurone riceve impulsi elettrici da queste cellule nervose che sono in grado di inibirlo o eccitarlo, la tensione elettrica lungo la sua membrana fluttua e, superata una certa soglia, il neurone finalmente si attiva. È però impossibile capire quando questo accadrà.
Nei precedenti modelli matematici per ricostruire i processi che sottendono la visione umana, queste caratteristiche anatomiche venivano ignorate, ipotizzando la presenza di un flusso di informazioni univoco, a una direzione, che dagli occhi arrivava al cervello e formava l’immagine. La realtà, come avrete potuto capire, è più complessa e gli studiosi hanno finalmente trovato il modo di descriverla teorizzando la presenza di cicli di retroazione. I piccoli cambiamenti nel segnale proveniente dal corpo genicolato laterale vengono amplificati man mano che vengono coinvolti in diversi cicli di retroazione. La retroazione è definita come il meccanismo mediante il quale “i sistemi dinamici sono in grado di rinviare al punto di inizio di un processo ciclico un’informazione sul processo stesso che possa essere utilizzata per migliorarlo o correggerne l’andamento”. Quindi il ripetersi di cicli di retroazione fa sì che, da quelle scarse informazioni che giungono dagli occhi, il cervello possa creare le immagini che ben conosciamo e di cui facciamo esperienza quotidianamente.

 

Siamo solo all’inizio della comprensione di un fenomeno complesso

 

Per ora gli scienziati sono riusciti a spiegare, con questo modello matematico e con il supporto di esperimenti di laboratorio effettuati su primati, la percezione dell’orientazione dei bordi degli oggetti (da verticale a orizzontale). Con lo stesso sistema hanno riprodotto lo schema di impulsi nella corteccia chiamato ritmo gamma. Tutto questo, però, è solo “la punta dell’iceberg” del meccanismo della visione umana. Siamo ancora lontani dal comprendere come la corteccia visiva, ad esempio, distingua i colori. Lontani ma sulla giusta via.

 

Rimaniamo nell’ambito della matematica per spiegare altri fenomeni. Quali? Lo capirete leggendo l’articolo di Gianfranco Arrigo, “Perché il matematico non gioca d’azzardo”, pubblicato nel numero di febbraio 2019 di Sapere.

 

Credits immagine: foto di Rudy e Peter Skitterians da Pixabay

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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