Per la prima volta un gruppo di ricercatori è riuscito a confrontare le caratteristiche di nano-nodi realizzati su catene molecolari di lunghezza diversa. Una scoperta che apre la strada alla nascita di una nuova generazione di materiali più leggeri, resistenti e flessibili.
Per la prima volta un gruppo di ricercatori è riuscito a confrontare le caratteristiche di nano-nodi realizzati su catene molecolari di lunghezza diversa. Una scoperta che apre la strada alla nascita di una nuova generazione di materiali più leggeri, resistenti e flessibili.
Cosa sono i nano-nodi?
Lo sanno bene scalatori e marinai: quando si parla di nodi, lunghezza, tensione e tenuta sono fattori in grado di fare la differenza in modo significativo. E lo sanno altrettanto bene i chimici, che spesso hanno a che fare con intrecci simili ma molto più piccoli. Siamo su scala molecolare. Se però è semplice confrontare e valutare nodi diversi nel mondo macroscopico, quando le dimensioni diventano nanometriche le cose si fanno molto più complicate.
Una soluzione è stata trovata grazie al lavoro di un gruppo di ricerca delle università di Bologna e di Manchester che, per la prima volta, è riuscito a paragonare le caratteristiche di nano-nodi realizzati su catene molecolari di lunghezza diversa. I risultati dello studio sono stati pubblicati su PNAS-Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America.
La formazione di nodi o di intrecci a livello molecolare è un fenomeno comune in natura e si può osservare in biomolecole come le proteine o il DNA. È proprio prendendo spunto da queste strutture naturali che, negli ultimi anni, gli scienziati sono riusciti a sviluppare strategie per realizzare nano-nodi artificiali, intrecciando molecole ottenute per sintesi chimica e congiungendo le loro estremità. “Questi nodi molecolari presentano un’architettura che mostra diverse analogie con i nodi macroscopici”, spiega il professor Matteo Calvaresi, che ha coordinato il gruppo di ricerca dell’Università di Bologna. “Ma se nella vita quotidiana è abbastanza facile rendersi conto di come la differente lunghezza di un nodo può influenzare la sua tenuta e le sue proprietà macrosopiche, quando si tratta di nano-nodi fare le stesse valutazioni non è così immediato”. Questo perché – fino ad oggi – non era possibile confrontare tra loro, a livello molecolare, nodi di diverse dimensioni, lunghezza e tenuta.
Il confronto
Con questa nuova ricerca, gli scienziati sono riusciti ad annodare allo stesso modo tre catene molecolari di tre lunghezze diverse: 20, 23 e 26 nanometri. Sono così nati tre nodi con la stessa forma ma legati su fili molecolari di dimensioni differenti, che gli studiosi hanno potuto mettere a confronto, evidenziandone le diverse caratteristiche. “Confrontando questi tre nano-nodi – ha affermato Calvaresi – abbiamo scoperto come la struttura, la dinamica e la reattività delle catene molecolari annodate variano sensibilmente in funzione della lunghezza e quindi della rigidità del nodo. L’esempio più evidente, in questo senso, è che i tre nodi, quando sottoposti a stress, presentano tre diversi punti di rottura”.
Progettazione di materiali molecolari annodati
I ricercatori hanno, quindi, ottenuto dei modelli capaci di spiegare come la dimensione dei nano-nodi riesca a influenzare la loro tenuta e le loro proprietà chimico-fisiche: la diversa tensione degli intrecci e il diverso scorrimento del filo molecolare determina le differenti caratteristiche delle tre molecole. Un risultato che può rivelarsi particolarmente rilevante per l’ideazione di nuovi nanomateriali. “Questo lavoro – ha confermato Matteo Calvaresi – è di fondamentale importanza per la progettazione di materiali molecolari annodati: la scoperta delle proprietà che regolano i nano-nodi permetterà in futuro di intrecciare molecole in maniera tale da generare on demand una nuova generazione di materiali più leggeri, resistenti e flessibili”.
Indaghiamo ancora le proprietà della materia nell’articolo di Sébastien Balibar, “L’enigma della supersolidità”. Acquistatelo e leggetelo singolarmente o scaricando il numero di febbraio 2016 di Sapere.