Un nuovo studio italiano ha dimostrato la promettente efficacia di una tecnica di stimolazione elettrica del cervello per migliorare la capacità di lettura nei bambini con dislessia.
Un nuovo studio italiano ha dimostrato la promettente efficacia di una tecnica di stimolazione elettrica del cervello per migliorare la capacità di lettura nei bambini con dislessia.
La ricerca è stata portata a termine da un team di scienziati dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma in collaborazione con colleghi del Laboratorio di Stimolazione Cerebrale della Fondazione Santa Lucia.
Cos’è la dislessia?
La dislessia è un disturbo che, in Italia, riguarda circa il 3 per cento dei bambini in età scolare e comporta solitamente una difficoltà nella lettura con conseguenze nell’apprendimento, sulla sfera psicologica e su quella sociale. Studi precedenti hanno mostrato che i bambini dislessici hanno alcune regioni del cervello meno attive oppure con livelli di attivazione alterati.
Elettricità e cervello
Come si legge nel nuovo studio pubblicato sulla rivista Restorative, Neurology and Neuroscience, i ricercatori hanno utilizzato la tecnica della Stimolazione Transcranica a Corrente Diretta (tDCS). Si tratta di una metodologia già impiegata contro patologie come l’epilessia focale o la depressione e che prevede il passaggio nel cervello di corrente elettrica a basso voltaggio in modo non invasivo. Questa tecnica, che si è dimostrata in passato priva di ogni rischio, è stata utilizzata su 19 ragazzi dislessici di età compresa tra 10 e 17 anni.
Dopo sei settimane di trattamento, i bambini hanno visto migliorare del 60 per cento la velocità della loro lettura e l’accuratezza è passata da 0,5 a 0,8 sillabe lette al secondo. Un miglioramento che un soggetto dislessico compie spontaneamente nell’arco di un anno. In più, questi benefici si sono mantenuti anche al cessare della terapia.
“Si tratta di uno studio preliminare i cui dati attendono di essere supportati da indagini su casistiche ancora più ampie, ma i risultati ottenuti in questa prima fase sono di grande importanza dal punto di vista clinico” sottolinea Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria Infantile del Bambin Gesù.