Donne col mal di testa. È molto più di un luogo comune perché è un dato di fatto, scientificamente confermato, che a soffrire maggiormente di emicrania sono proprio loro. Non è, quindi, solo una di quelle facili battute, spesso ammantate di velato sessismo, che a volte circolano sui social media.
Donne col mal di testa. È molto più di un luogo comune perché è un dato di fatto, scientificamente confermato, che a soffrire maggiormente di emicrania sono proprio loro. Non è, quindi, solo una di quelle facili battute, spesso ammantate di velato sessismo, che a volte circolano sui social media.
Quando il mal di testa causa invalidità
Effettivamente, l’emicrania non è cosa da poco. L’Organizzazione Mondiale della Sanità la descrive come un disturbo caratterizzato da cefalee (un sinonimo di mal di testa) ripetute, intense, unilaterali (che interessano cioè solo una parte della testa) e pulsanti, che possono durare da 4 a 72 ore. Esse sono frequentemente accompagnate da nausea, vomito, fotofobia (fastidio per la luce) e fonofobia (fastidio per i suoni). Esistono diversi tipi di emicrania ma i due più comuni sono quelli con e senza la cosiddetta aura. Quest’ultima si può manifestare come un disturbo visivo (ad esempio, lampi di luce in prossimità del punto di messa a fuoco), formicolio, difficoltà di linguaggio o debolezza che precedono il mal di testa vero e proprio. In ogni caso, non è un problema da sottovalutare, tanto più che può diventare addirittura invalidante. I numeri sono impressionanti: si tratta del terzo disturbo più frequente al mondo ed è la settima tra le cause specifiche di disabilità.
Le donne soffrono tre volte più degli uomini
È, dunque, una condizione difficile e complessa con cui si trovano a convivere soprattutto le donne. Di recente, Antonio Ferrer-Montiel, professore presso l’Università Miguel Hernandez, in Spagna, ha analizzato i dati e le informazioni già presenti in letteratura e ha redatto un articolo riepilogativo da cui si evince che le donne soffrono di emicrania tre volte più degli uomini. Questa tendenza è particolarmente evidente in alcune fasce di età: sono le trentenni a soffrire di cefalea più dei loro coetanei maschi, mentre la differenza scende a partire dai 42 anni. Come se non bastasse, nelle donne gli attacchi sono più frequenti, più intensi e durano di più. In oltre la metà dei casi l’emicrania si manifesta nel periodo perimestruale, cioè nei giorni che precedono e seguono la mestruazione.
Gli ormoni sessuali al banco degli imputati
Con queste premesse, è abbastanza ovvio che tra i principali indiziati ci siano proprio quegli ormoni che caratterizzano la biologia sessuale femminile: gli estrogeni e il progesterone. I livelli di questi ormoni variano sensibilmente nelle varie fasi dello sviluppo femminile (pubertà, gravidanza, menopausa) e questo potrebbe spiegare la variazione di sensibilità all’emicrania che si osserva con l’età. Importanti studi hanno evidenziato che gli attacchi che colpiscono poco dopo la mestruazione sarebbero legati al brusco calo di estrogeni e progesterone, che quindi potrebbe essere la miccia che fa esplodere quel fastidiosissimo mal di testa.
Una complessa rete
Sembra tutto molto semplice, ma in realtà non è così. Nella donna come nell’uomo, gli ormoni sessuali non agiscono in maniera chiara e lineare. Sono, invece, molto importanti i rapporti tra i diversi tipi di ormoni che, in ogni fase del ciclo e dello sviluppo sessuale di ciascun individuo, svolgono un’azione coordinata stabilendo equilibri tanto complessi quanto precisi. E non si pensi che sia così netta la differenza tra ormoni maschili e femminili. Estrogeni e testosterone sono presenti in entrambi i sessi, ma ciò che cambia completamente è proprio il loro rapporto. E quindi, anche un ormone prettamente maschile come il testosterone può avere il suo ruolo nel causare emicrania nelle donne. Una recente ricerca ha messo in evidenza che nelle pazienti i livelli di testosterone sono particolarmente bassi, indipendentemente dalla loro età.
Emicrania, ormoni e sistema nervoso
Se complessità è la parola d’ordine, essa va benissimo anche per descrivere i meccanismi che causano l’emicrania, che ha alla base un’intricata rete di interazioni tra sistema nervoso centrale, nervo trigemino, sistema circolatorio intracranico e meningi, Tutto sembra partire, però, dalle cellule nervose, grazie a dei recettori chiamati TRP. In generale, i recettori sono delle proteine che si trovano sulla superficie della cellula che captano segnali esterni e che stimolano o reprimono specifiche funzioni della cellula stessa. Alcuni TRP sono dei nocicettori, coinvolti, cioè, nella trasmissione del dolore. Questo vuol dire che, quando sono attivati, il nostro cervello riceve un segnale che elabora come dolore. Anche il mal di testa dipende dall’attivazione di nocicettori del tipo TRP, tra cui TRPV1 e TRPA1. Tuttavia, la sequenza degli eventi è degna del famoso brano di Angelo Branduardi, “Alla fiera dell’est”. Un esempio semplicissimo (forse): l’attivazione di TRPV1 e TRPA1 stimola il nervo trigemino, che rilascia una piccola proteina che induce la dilatazione dei vasi sanguigni del cranio e causa la sensazione di dolore. E questa è solo la punta dell’iceberg!
Qual è, allora, il ruolo degli ormoni sessuali?
È stato osservato che i recettori coinvolti nell’emicrania, tra cui TRPV1 e TRPA1, si trovano nelle stesse regioni del cervello che sono influenzate dagli ormoni sessuali. È un caso? Forse no. Degli studi hanno evidenziato che, nei topi, ci sono cellule nervose in cui sono presenti sia i recettori per gli estrogeni (anche gli ormoni sono riconosciuti e legati da specifici recettori) sia i TRPV1, ma tra loro non c’è una relazione così diretta. Se alcuni ricercatori avevano notato che gli estrogeni attivano i TRPV1, quindi aumentando il dolore, altri osservavano l’esatto contrario. Gli studiosi sono forse impazziti? Qualcuno ha sbagliato? Probabilmente no: la verità è che, ancora una volta, tutto si basa su equilibri complessi e delicati e bastano piccole oscillazioni per scatenare l’inferno, cioè il mal di testa. Ma allora perché alcune donne soffrono di emicrania e altre, molto più fortunate, no? Probabilmente entra in ballo anche la genetica: sembra che piccole variazioni nella struttura dei recettori TRP possa essere associata a una maggiore sensibilità
C’è speranza?
Non c’è davvero alcuna speranza di sollievo? Effettivamente le terapie finora disponibili non sembrano curare il male alla radice ma sono efficaci sui singoli episodi o riescono a mitigare la gravità del disturbo. In questo momento, l’unica via d’uscita è la ricerca che, ci auguriamo, potrà far maggior chiarezza su questo complicato quanto antipatico compagno di vita per molte donne.
Rimaniamo in ambito medico con l’articolo di Stefano Micocci, “La nostra salute in un fascicolo sanitario elettronico”, che potrete leggere singolarmente o acquistando il numero di ottobre 2018 di Sapere.
Credits immagine di copertina: Yanalya – Freepik.com