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29 Lug 2016

L’Ice Bucket Challenge fa scoprire un nuovo gene legato alla SLA

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Il virale “Ice Bucket Challenge” del 2014 ha prodotto dopo due anni i primi risultati: gli scienziati hanno scoperto che il gene NEK1 contribuisce alla malattia della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA).

Ricordate la moda delle secchiate in testa di ghiaccio e acqua dell’Ice Bucket Challenge? Video, presto diventati virali, in cui famosi (e successivamente non) sfidavano altre celebrità a ripetere il rinfrescante gesto accompagnandolo con una donazione per la ricerca sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Oltre 17 milioni di persone (ovviamente incluse quelle comuni) nel mondo hanno postato video su Facebook in cui si sottoponevano alla doccia gelata – video che hanno ottenuto qualcosa come 440 milioni di visualizzazioni in tutto il mondo. Era l’estate del 2014 e, a distanza di due anni, arrivano i primi importanti risultati: gli scienziati, anche grazie a quei fondi, hanno scoperto un nuovo gene che contribuisce alla malattia, il gene NEK1, una cui variante contribuisce ad aumentare la suscettibilità alla patologia.

 

L’Ice Bucket Challenge ha raccolto complessivamente circa 115 milioni di dollari, riuscendo a finanziare sei progetti di ricerca sulla SLA. A quanto si legge sulla rivista Nature Genetics, la scoperta del nuovo gene è avvenuta nell’ambito del Project MinE, il più grande studio di sempre sulla SLA ereditaria (anche conosciuta come malattia del motoneurone). L’identificazione di questo nuovo gene potrebbe significare nuove terapie genetiche per il trattamento di questo disordine, attualmente incurabile: circa il 10 per cento dei pazienti con la SLA hanno ereditato la loro patologia, ma i ricercatori sono convinti che il contributo genetico a questa malattia sia percentualmente molto più grande.

 

La SLA è una malattia terribile. Fatale, con un progresso rapido (si stima che uccida un terzo dei pazienti colpiti nell’arco di un anno e oltre la metà entro due anni) e che può lasciare le persone intrappolate nel loro corpo, incapaci di muoversi, parlare e, alla fine, anche di respirare. Il bersaglio della degenerazione sono il cervello e il midollo spinale: sono attaccati i nervi che controllano i movimenti, in questo modo i muscoli non riescono più a compiere il loro lavoro. I nervi sensori, invece, non sono di solito colpiti. 

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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