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05 Nov 2018

Comete portatrici di vita attraversano la Via Lattea?

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È passato circa un anno da quando ‘Oumuamua, la cometa a forma di sigaro, è entrata nel nostro Sistema solare. Questa scoperta, oltre a darci la possibilità di osservare per la prima volta un oggetto interstellare, ha risvegliato l’interesse degli scienziati nei confronti di una delle ipotesi riguardanti l’origine della vita sul nostro Pianeta: la possibilità che rocce provenienti dallo spazio siano in grado di diffondere microrganismi tra le stelle, fungendo da “taxi”. Questa teoria prende il nome di panspermia. I dati più recenti rendono realmente più plausibile questa spiegazione?

È passato circa un anno da quando ‘Oumuamua, la cometa a forma di sigaro, è entrata nel nostro Sistema solare. Questa scoperta, oltre a darci la possibilità di osservare per la prima volta un oggetto interstellare, ha risvegliato l’interesse degli scienziati nei confronti di una delle ipotesi riguardanti l’origine della vita sul nostro Pianeta: la possibilità che rocce provenienti dallo spazio siano in grado di diffondere microrganismi tra le stelle, fungendo da “taxi”. Questa teoria prende il nome di panspermia. I dati più recenti rendono realmente più plausibile questa spiegazione?

 

 
L’origine della vita sulla Terra: tra brodo primordiale e panspermia
 

Attualmente l’interpretazione più accreditata dell’origine della vita sulla Terra è la formazione del brodo primordiale. Alla base della nascita della biosfera terrestre ci sarebbero state una temperatura media sufficientemente elevata da mantenere liquida l’acqua sulla maggior parte della superficie del pianeta, ma non troppo alta da distruggere eventuali molecole organiche, e un’atmosfera primitiva costituita molto probabilmente da azoto, anidride carbonica, vapore d’acqua e da quantità minori di altri gas. Idrogeno, ossigeno, azoto e carbonio, insieme a forme di energia esterne (ad esempio la radiazione ultravioletta del Sole o le scariche elettriche nei temporali), avrebbero portato alla sintesi di piccole molecole organiche che, dilavate dalle precipitazioni atmosferiche, si sarebbero poi accumulate nell’oceano. Quest’ultimo, trasformato quindi in qualcosa di simile a un brodo di coltura, sarebbe stato la culla delle prime cellule.
L’ipotesi della panspermia, per quanto improbabile, è diffusa da secoli: alcuni astronomi hanno teorizzato che il seme della vita sia arrivato grazie a microrganismi giunti sulla Terra prendendo un passaggio da un detrito espulso da un altro pianeta, magari un meteorite proveniente da Marte.

 

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L’ipotesi della panspermia al vaglio

 

Nel 2003 lo scienziato H. Jay Melosh studiò la questione attraverso delle simulazione computerizzate. L’analisi rivelò che un terzo dei meteoriti che potrebbe aver colpito la Terra sarebbe stato lanciato al di fuori del Sistema solare da Giove o Saturno. Questo processo richiederebbe milioni se non decine di milioni di anni, un intervallo troppo lungo affinché anche la più resistente delle forme di vita, ad esempio le spore, possa sopravvivere al vuoto e alle radiazioni presenti nello spazio. Inoltre un numero del tutto trascurabile di oggetti potrebbe essere stato catturato da un sistema solare distante. Le prospettive migliorano in un sistema binario di stelle, il quale presenta un campo gravitazionale più complesso. Ma un sistema che riesce bene a catturare e altrettanto efficace nell’espellere quindi è più semplice che una roccia che custodisce elementari forme di vita faccia la fine della pallina di un flipper invece che rimanere in un nuovo pianeta dalle condizioni favorevoli.

 

‘Oumuamua e il nuovo studio

 

In una nuova ricerca, un team di astrofisici della Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Cambridge, Massachusetts), ha descritto un modello analitico per valutare il numero totale di oggetti rocciosi o ghiacciati che possono essere catturati da un sistema di pianeti all’interno della Via Lattea e portare alla panspermia. È stato stimato il tasso di cattura degli oggetti espulsi da sistemi planetari tenendo conto di fattori quali la velocità di dispersione, le caratteristiche di sopravvivenza biologica e la dimensione dell’oggetto celeste. Altre variabili in gioco considerate sono state il numero di stelle che un oggetto interstellare attraversa e l’altezza e lunghezza del disco della Via Lattea.
Secondo i calcoli se degli oggetti celesti si muovessero, come ‘Oumuamua, a una velocità di circa 26 chilometri al secondo attraverso lo spazio interstellare, 10 milioni di loro sarebbero catturati da qualche parte nella nostra galassia in un intervallo di tempo di un milione di anni. Numeri che, però, non convincono all’unanimità. Su Science, l’astronomo Ed Turner della Princeton University ha affermato che gli autori del lavoro hanno letto troppo nel singolo esempio di ‘Oumuamua: “Non ci sono argomenti matematici rigorosi che possano essere scritti su un singolo evento valutato a posteriori”. Anche H. Jay Melosh ha espresso un parere poco ottimista: anche se la nostra galassia contenesse tutti questi “‘Oumuamua” è improbabile che siano vettori di panspermia e la stessa cometa è troppo grande per essere stata espulsa da un pianeta abitato. Sarà necessario raccogliere ancora molti dati per capire se la vita possa aver avuto origine grazie a messaggeri spaziali.

 

Se volete viaggiare attraverso il nostro Sistema solare, acquistate e leggete l’articolo “Fotoracconto dello spazio” di Ettore Perozzi, pubblicato nel numero di agosto 2017 di Sapere.

 

Immagine di copertina: ricostruzione artistica della cometa ‘Oumuamua. Credits: ESO/M. Kornmesser, via Wikimedia Commons (CC BY 4.0)

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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