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05 Feb 2015

Planck ritocca la storia del Cosmo: le stelle sono più “giovani”

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Secondo i dati del satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), le stelle potrebbero essere meno “vecchie” di quanto si pensasse finora.

Secondo i dati del satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), le stelle potrebbero essere meno “vecchie” di quanto si pensasse finora. La missione Planck, iniziata nel 2009, rientra nel programma Horizon 2000 dell’ESA ed è una collaborazione internazionale che ha lo scopo di studiare la radiazione cosmica di fondo, ossia quel mare di microonde che pervade l’Universo e che rappresenta una sorta di “impronta” primordiale del Big Bang

 

Le stelle sono più giovani?

A quanto si legge nella ricerca pubblicata sulla rivista Astronomy and Astrophysics, sono state realizzate mappe della radiazione cosmica di fondo sulla base delle quali si è concluso che il processo cosmologico della reionizzazione potrebbe essere più recente di quanto ritenuto finora. La reionizzazione è fondamentale perché associata alla formazione delle stelle: nel 2001, la sonda della Nasa WMAP aveva dato una prima stima del periodo in cui poteva aver avuto luogo, e cioè circa 450 milioni di anni dopo il Big Bang. Ora, i nuovi dati di Planck, associati alla pubblicazione di mappe della radiazione cosmica di fondo polarizzata, suggeriscono che invece la reionizzazione potrebbe essere avvenuta 100 milioni di anni più tardi rispetto alle precedenti stime e che quindi le prime stelle potrebbero essersi formate 550 milioni di anni dopo il Big Bang. Un risultato che si trova anche in maggiore accordo con le osservazioni del telescopio spaziale Hubble

 

Fondamentale contributo italiano

“Secondo le osservazioni effettuate da Planck, le stelle sono probabilmente più giovani di quanto si pensava, una scoperta che può avere importanti conseguenze sui nostri tentativi di comprendere le componenti oscure dell’Universo” ha commentato Carlo Baccigalupi, cosmologo della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e coordinatore del gruppo SISSA coinvolto nell’esperimento Planck. “Il contributo del team di Trieste nella produzione di mappe per la LFI a bordo di Planck – composto da scienziati della SISSA e dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste coordinati da Andrea Zacchei – è stato quello di generare nuove mappe della luce polarizzata catturata dalla LFI. Ora siamo in attesa dei dati dello strumento ad alta frequenza, HFI, le cui mappe sono curate dal team francese. Queste mappe aggiuntive dovrebbero fornire la conferma di questa scoperta e un quadro più chiaro delle prove che abbiamo rilevato finora”. Il satellite Planck ha a bordo due sofisticati strumenti: il Low Frequency Instrument (LFI) e l’High Frequency Instrument (HFI), progettati e costruiti da consorzi internazionali di istituti scientifici con il supporto dell’industria. L’Italia è responsabile della realizzazione del Low Frequency Instrument, un insieme di 11 antenne e 22 radiometri posizionati nel fuoco del telescopio del satellite che opera nelle bande centrate alle frequenze di 30, 44 e 70 GHz.

 

[Immagine: polarizzazione della radiazione cosmica di fondo. Credit: ESA e Planck Collaboration]

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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