Molti di voi saranno venuti a conoscenza del problema dei rifiuti aerospaziali guardando Gravity, la pellicola del 2013 di Alfonso Cuarón, in cui la vita dei due astronauti protagonisti è messa in pericolo da un’onda di detriti ad alta velocità causata dallo scontro tra un missile russo e un satellite ormai in disuso. Stiamo veramente trasformando lo spazio in una discarica? Quali rischi presentano realmente i rifiuti che si trovano in orbita? Gli scienziati stanno cercando soluzioni per questo problema. La risposta potrebbe essere la missione RemoveDEBRIS.
Molti di voi saranno venuti a conoscenza del problema dei rifiuti aerospaziali guardando Gravity, la pellicola del 2013 di Alfonso Cuarón, in cui la vita dei due astronauti protagonisti è messa in pericolo da un’onda di detriti ad alta velocità causata dallo scontro tra un missile russo e un satellite ormai in disuso. Stiamo veramente trasformando lo spazio in una discarica? Quali rischi presentano realmente i rifiuti che si trovano in orbita? Gli scienziati stanno cercando soluzioni per questo problema. La risposta potrebbe essere la missione RemoveDEBRIS.
Inquinamento spaziale
I detriti spaziali sono costituiti da oggetti lanciati dall’uomo nello spazio, come ad esempio pezzi di satelliti o di navicelle, sonde, pannelli solari, razzi, frammenti e particelle creati da collisioni ed esplosioni, che continuano a esistere dopo che hanno terminato la loro vita operativa. Attualmente, nell’orbita terrestre bassa – un’orbita di altitudine compresa tra l’atmosfera e le fasce di van Allen, ossia tra 160 e 2.000 chilometri – sono stati contate 6.800 tonnellate di detriti e sono stati tracciati 23.000 oggetti. Alcuni di questi hanno dimensioni simili a quelle di un camion, mentre altri sono più piccoli di una scaglia di vernice, e la loro velocità può raggiungere i 36.000 chilometri orari. Il campo gravitazionale del nostro pianeta attira gran parte della spazzatura spaziale in orbite sempre più basse, fino a che non raggiunge l’atmosfera e, oltrepassandola, va incontro a distruzione. Tanto maggiore è l’altezza in cui orbita il detrito, tanto più vi rimarrà: ciò che si trova al di sotto di 600 chilometri normalmente cade sulla Terra entro pochi anni, mentre se è più in alto di 1.000 chilometri può restare in orbita oltre un secolo. Quali sono i rischi prodotti dalla presenza di questo tipo di inquinamento? Il problema principale è il pericolo per i satelliti e l’equipaggio delle missioni spaziali, infatti, a causa delle grandi velocità con cui viaggiano nello spazio, anche i detriti di 1-10 centimetri possono penetrare in una navicella e danneggiarla gravemente. Per questo motivo la NASA, in collaborazione con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, ha creato una rete di sorveglianza spaziale. Le stazioni di rilevamento a terra seguono lo spostamento dei detriti più grossi, per evitare collisioni con lo Shuttle. Non finisce qui, perché anche le altre agenzie spaziali stanno cercando di correre ai ripari limitando i numeri di lanci e la durata di vita in orbita al termine delle missioni e promuovendo la rimozione attiva.
La missione RemoveDEBRIS
La rimozione attiva dei rifiuti nello spazio, secondo un articolo diffuso dall’ESA, potrebbe essere più efficiente – in termini di quantità di collisioni evitate in rapporto agli oggetti rimossi – applicando i seguenti principi nella selezione dei target da eliminare:
- gli oggetti selezionati dovrebbero avere una massa elevata, poiché hanno il maggiore impatto ambientale nel caso di collisioni;
- devono avere un’alta probabilità di andare incontro a collisione (ciò può succedere, ad esempio, quando si trovano in regioni densamente popolate);
- devono trovarsi ad altitudini elevate, là dove la durata di vita in orbita è maggiore.
Ci sono già stati altri tentativi di pulizia spaziale attiva ma l’ESA ha continuato su questa linea ideando la missione RemoveDEBRIS.
L’obiettivo di RemoveDEBRIS è dare una dimostrazione della rimozione attiva di detriti per trovare il modo migliore di catturare i circa 40.000 oggetti che stanno orbitando intorno alla Terra. La missione comprende una piattaforma satellitare principale che è stata portata presso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) da un razzo SpaceX Falcon 9 e che è stata poi dislocata in orbita da un sistema riutilizzabile NanoRacks Kaber. Una volta in orbita, sono stati effettuati una serie di esperimenti sul come catturare i rifiuti spaziali. Il progetto è stato cofinanziato dalla Commissione europea e altri partner, ed è guidato dal Surrey Space Centre.
Gli esperimenti effettuati e la conclusione del progetto
I principali esperimenti svolti dalla missione RemoveDEBRIS sono stati tre: il net experiment, il VBN (Vision-Based Navigation) experiment e l’harpoon experiment. Nel primo è stata adoperata una rete per la cattura dei detriti, nel secondo è stato impiegato un sistema di riconoscimento visivo con telecamere e tecnologia di telerilevamento laser (LiDAR) e nell’ultimo, che ha avuto luogo lo scorso febbraio, RemoveDEBRIS è riuscito ad arpionare il frammento di un pannello solare posto a un metro e mezzo di distanza.
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La missione ora si appresta ad affrontare il suo quarto e ultimo esperimento. Proprio in questo mese dispiegherà una grande vela per uscire dall’orbita e tornare nell’atmosfera terrestre, dove la piattaforma sarà distrutta dal calore sviluppato nell’attrito.
Ci auguriamo che la spazzatura spaziale non rovini i paesaggi meravigliosi di cui si può godere nel nostro Sistema solare. Ne troverete un assaggio acquistando e leggendo l’articolo di Ettore Perozzi, “Fotoracconto dello spazio”, pubblicato nel numero di agosto 2017 di Sapere.
Immagine di copertina: detriti spaziali nell’orbita terrestre bassa, ricostruzione artistica in cui le dimensioni degli oggetti sono ingrandite in confronto a quelle della Terra. Credits: ESA