Un nuovo studio coordinato da due italiani rivela che nell’Universo i blazar, buchi neri potentissimi che emettono raggi gamma, sono più numerosi di quanto si pensasse. Un lavoro che potrebbe avere implicazioni importanti nella comprensione della natura della misteriosa materia oscura.
I raggi gamma. Per la maggior parte di noi sono quei raggi che hanno colpito Bruce Banner trasformandolo in Hulk, il gigante verde della Marvel che viene fuori ogni volta che Banner ha un accesso d’ira. Nella scienza, però, i raggi gamma sono una forma di radiazione elettromagnetica che molto spesso investe la Terra. E’ per questo che, nel 2008, la NASA ha messo in orbita il satellite Fermi, in collaborazione con molti Paesi tra cui l’Italia, per cercare di individuare le sorgenti di questa energia. Fermi è riuscito rivelare migliaia di sorgenti di raggi gamma, circa il 30 per cento delle quali era rimasto però un mistero fino a oggi.
Un gruppo di astrofisici coordinato da due italiani, Raffaele D’Abrusco dell’Università “Federico II” di Napoli e Francesco Massaro dell’Università di Torino, ha infatti scoperto che la maggior parte di queste sorgenti misteriose è formata dai cosiddetti blazar (“blazing quasi stellar objects”). Un blazar è, tecnicamente, un nucleo galattico attivo ed è ritenuto molto raro. Si tratta di un buco nero potentissimo di grande massa che si trova al centro di galassie molto massicce e molto distanti dalla Terra che converte in energia luminosa le grandi quantità di materia che, per mero accidente, vi cadono all’interno. Tale energia, a differenza di altri nuclei galattici attivi viene canalizzata in un enorme getto che, per caso, è allineato verso la Terra e che emette radiazioni soprattutto nei raggi gamma.
Il gruppo dei due scienziati italiani, come si legge nei lavori pubblicati sulle riviste Astrophysical Journal e Astronomical Journal, ha avuto un’intuizione che ha mosso le ricerche degli ultimi cinque anni, permettendo di identificare gran parte di quelle sorgenti che erano rimaste non identificate. Qualche tempo fa, usando i dati raccolti da WISE, il telescopio spaziale della NASA che osserva la fredda radiazione infrarossa emessa dalle polveri spaziali, i due hanno scoperto che i blazar mostravano un particolare comportamento che li rendeva riconoscibili tra tutti gli altri oggetti astronomici. Un comportamento peculiare che ritrovarono in molte di quelle sorgenti gamma che venivano continuamente rivelate dal satellite Fermi della NASA e la cui natura rimaneva sostanzialmente ignota. Dopo cinque anni di osservazioni con telescopi in Arizona, California, Cile, Isole Canarie e Messico, il team ha scoperto che quelle emissioni gamma provenivano effettivamente da blazar e ha identificato inoltre duecento nuovi blazar.
La prima implicazione di questa scoperta è che il numero di blazar nell’Universo è molto maggiore di quanto non si pensasse. Altre conseguenze riguardano la materia oscura. “Nel prossimo futuro – commenta D’Abrusco – i risultati del progetto ci permetteranno di conoscere sempre più a fondo la natura dell’emissione di altissima energia dei blazar, fino a consentirci di ricavare informazioni cruciali riguardo l’emissione del fondo cosmico nei raggi gamma e il comportamento della materia oscura, l’elemento fondante dell’Universo che finora non è stato osservato direttamente e la cui esistenza può essere dedotta solo dall’effetto gravitazionale che esercita sulla materia visibile. Si ritiene infatti che le particelle che si sospetta possano costituire la materia oscura decadano emettendo radiazione gamma e, quindi, il fatto che parte del fondo cosmico nel gamma sia spiegabile in termini di emissione da parte dei blazar riduce di molto il contributo residuo, ossia dobbiamo cercare in altri posti, per caratterizzare la natura della materia oscura“.