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14 Ott 2014

Buchi neri: riprodotta in laboratorio la “radiazione” di Hawking

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Nel 1974, Stephen Hawking ipotizzò che i buchi neri emettessero una radiazione termica, la cosiddetta, appunto , “radiazione di Hawking“, quando catturano la materia. Finora, però, nessuno è stato mai in grado di misurare questa emissione, che si ritiene essere troppo flebile per la sensibilità dei nostri strumenti. Ora, però, il fisico Jeff Steinhauer, del Technion-Israel Institute of Tecnology, in Israele, potrebbe aver trovato il modo di riprodurre in laboratorio una ‘imitazione’ di questa radiazione.

Nel 1974, Stephen Hawking ipotizzò che i buchi neri emettessero una radiazione termica, la cosiddetta, appunto , “radiazione di Hawking“, quando catturano la materia. Finora, però, nessuno è stato mai in grado di misurare questa emissione, che si ritiene essere troppo flebile per la sensibilità dei nostri strumenti. Ora, però, il fisico Jeff Steinhauer, del Technion-Israel Institute of Tecnology, in Israele, potrebbe aver trovato il modo di riprodurre in laboratorio una ‘imitazione’ di questa radiazione. Gli esperimenti del fisico, pubblicati sulla rivista Nature Physics, si basano sulla teoria che i fluidi quantistici dovrebbero essere in grado di imitare quello che accade a un orizzonte degli eventi, ossia quella sorta di confine trasparente del buco nero che rappresenta il ‘punto di non ritorno’ per materia e energia. 

 

Il team di ricercatori ha raffreddato atomi di rubidio fino a portarli a una temperatura appena di poco superiore allo zero assoluto: in questo modo, gli atomi si comportano come se fossero un singolo oggetto quantistico fluido. In seguito, Steinhauer ha usato un laser per aumentare la velocità del fluido fino a renderla maggiore di quella del suono. In questo modo, le onde sonore venivano intrappolate da questo fluido e non potevano più uscirne, esattamente come accade, per esempio, alla luce con un buco nero.

 

Gli scienziati hanno verificato l’emissione di una “radiazione” che hanno anche misurato costruendo un orizzonte degli eventi “secondario” che la faceva ‘rimbalzare’ tra i due orizzonti fino a amplificarne l’intensità e quindi consentire la rilevazione. Ovviamente, occorreranno conferme future provenienti da scenari più simili a quelli di un buco nero vero e proprio ma queste prime indicazioni sembrano confermare la teoria di Hawking.

 

[immagine: interpretazione artistica di un buco nero in crescita, NASA/JPL-Caltech]

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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