Non vi fate tradire dalla parola “abitabile”. L’esopianeta K2-18 b, la cui composizione atmosferica ha rivelato la presenza di vapore acqueo, non sarà il nostro piano b, un nuovo approdo da conquistare per abbandonare la nostra casa, ormai in via di distruzione. Nonostante questo, i dati raccolti e analizzati significano molto per la scienza e per il nostro futuro. Qual è il motivo? Ve lo spieghiamo nei prossimi paragrafi.
Non vi fate tradire dalla parola “abitabile”. L’esopianeta K2-18 b, la cui composizione atmosferica ha rivelato la presenza di vapore acqueo, non sarà il nostro piano b, un nuovo approdo da conquistare per abbandonare la nostra casa, ormai in via di distruzione. Nonostante questo, i dati raccolti e analizzati significano molto per la scienza e per il nostro futuro. Qual è il motivo? Ve lo spieghiamo nei prossimi paragrafi.
K2-18 b, la super-Terra
K2-18 b è un esopianeta – un pianeta che non fa parte del nostro Sistema Solare e che orbita intorno a una stella che non è il Sole – lontano 110 anni luce da noi. Orbita intorno a una nana rossa, nella costellazione del Leone, in quella che è definita zona abitabile, la regione intorno a una stella in cui la temperatura rende possibile la presenza di acqua libera sulla superficie del corpo celeste. Un’abitabilità che non ha l’accezione che immaginiamo, anche perché l’esopianeta in questione ha un’atmosfera molto densa, più simile a quella di Nettuno, al di sotto della quale ci potrebbe non essere una vera e propria superficie, e riceve livelli di radiazione più alti rispetto a quelli emessi dal nostro Sole
K2-18 b possiede altre caratteristiche particolari che lo hanno reso l’oggetto di studio ideale per gli astronomi: è una super-Terra, il suo diametro è circa 2 volte quello del nostro pianeta e la massa è circa 8 volte maggiore. Laura Kreidberg, astronoma del Center for Astrophysics della Harvard University e del Smithsonian Institution, ha spiegato su Scientific American: “Pensiamo che per pianeti che hanno dimensioni pari a circa 1,8 volte quelle della Terra, esiste una transizione che porta un mondo dal roccioso al gassoso. K2-18 b è vicino a questo confine, quindi [questi studi] ci stanno dando un primo sguardo nell’atmosfera di un mondo vicino a questa transizione”.
Perché gli scienziati hanno studiato K2-18 b e quali strumenti hanno utilizzato?
Già in precedenza i ricercatori avevano trovato acqua nelle atmosfere di esopianeti, in particolare in giganti gassosi. Il compito diventa più arduo, però, quando si cerca di analizzare pianeti più piccoli di Nettuno e più grandi della Terra. Un categoria rivelatasi molto comune tra i pianeti al di fuori del Sistema Solare.
Come hanno fatto gli scienziati a superare questa sfida? Hanno utilizzato i dati raccolti dal Telescopio Spaziale Hubble: tra il 2016 e il 2017, K2-18 b è passato per 8 volte davanti alla sua stella, filtrandone temporaneamente la luce. Analizzando come il colore della luce della nana rossa cambiasse una volta filtrato dall’atmosfera del pianeta e combinando queste informazioni con quelle del Spitzer Space Telescope, capace di esaminare più lunghezze d’onda della luce, gli astronomi sono riusciti a identificare la firma spettroscopica del vapore acqueo.
I risultati ottenuti sono stati descritti in due articoli, uno dell’Università di Montreal, inviato alla rivista Astronomical Journal e pubblicato su arXiv, un database dei lavori in attesa di pubblicazione con peer-review, l’altro apparso su Nature Astronomy e realizzato dal team della University College London.
Non un pianeta da abitare ma l’inizio di una nuova ricerca
Cosa sappiamo ora, esattamente, di K2-18 b? Nella sua atmosfera c’è vapore acqueo – di cui non conosciamo la percentuale presente – ma anche, probabilmente, idrogeno ed elio. Ulteriori studi serviranno a capire le quantità dei vari elementi e se vi è una copertura di nuvole.
Possiamo sperare nella presenza di acqua liquida? Per ora ci sono solo ipotesi. Del resto, come è sottolineato nella news di Nature, l’esopianeta potrebbe essere paragonato al più conosciuto pianeta Venere: è nella zona abitabile del Sistema Solare, le sua dimensioni sono simili a quelle della Terra, e un tempo possedeva vapore acqueo nella sua atmosfera ma il calore del Sole ha strappato via molta di quell’acqua lasciandone la superficie priva.
Allora cosa c’è di speciale in questa scoperta? K2-18 b è il primo esopianeta della zona abitabile di un sistema solare in cui è stato rilevato vapore acqueo. Essere riusciti a raccogliere ed esaminare queste informazioni di un corpo celeste, così piccolo rispetto ai giganti gassosi, è la prova che siamo in grado di farlo per altri pianeti di queste dimensioni, come abbiamo già detto molto diffusi. Grazie alla prossima generazione di telescopi, tra cui il James Webb Space Telescope, sapremo individuare le caratteristiche della loro atmosfera con maggior dettaglio e – chissà – riusciremo realmente a trovare un gemello della Terra su cui si possa abitare.
Allo stato attuale non esiste un pianeta B in cui trasferirci per evitare gli effetti dei cambiamenti climatici in atto. Però possiamo ancora fare molto per salvare la Terra, ad esempio occupandoci degli oceani. Ci spiega come Eleonora Polo con il suo articolo “Come possiamo ripulire gli oceani?”, pubblicato nel numero di Sapere di febbraio 2018.
Immagine di copertina: riproduzione artistica del pianeta K2-18 b, con la sua stella e un altro pianeta del suo sistema solare. Credits: ESA/Hubble, M. Kornmesser