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28 Mag 2020

La ballata dell’amore plastico: macromolecole e musica

Michele Di Lauro

Michele Di Lauro
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Einstein travestito da ubriacone ha nascosto
i suoi appunti in un baule

è passato di qui un’ora fa, diretto verso l’ultima Thule
Sembrava così timido e impaurito quando ha chiesto
di fermarsi un po’ qui

ma poi ha cominciato a fumare e a recitare l’A B C.
Ed a vederlo tu non lo diresti mai ma era famoso, qualche tempo fa,
per suonare il violino elettrico in via della Povertà.

F. De André, F. De Gregori, Via della Povertà (1974),
adattata da Bob Dylan, Desolation Row (1965)

 

Prendiamo il La da questa monumentale “macro-ballata” di Bob Dylan e dai suoi 11 minuti e 21 secondi di durata – diventati soltanto 9 minuti e 41 secondi nell’adattamento italiano di De André con testo di De Gregori – per occuparci di aspetti strutturali in ambito Musichimico, in particolare per quanto riguarda le ballate e le macromolecole.

 

Cos’è una macromolecola… in un concerto

Come avrete sagacemente intuito, una macromolecola non è altro che una molecola molto molto grande. Per intenderci, se ogni molecola d’acqua – H2O – è fatta da 3 atomi e pesa circa 18 unità di massa atomica, queste “molecolone” sono composte da migliaia di atomi e pesano decine di migliaia di unità di massa atomica.
Detto tra noi, non è che siano “pesanti” nel vero senso della parola, dal momento che un’unità di massa atomica è pari a circa 0,0000000000000000000000017 grammi, ma comunque sono estremamente grandi per essere delle molecole. Per farci un’idea, suggerita come sempre dall’ambito musicale, se una molecola di dimensione standard – acqua, metano, etanolo – pesasse come il nostro Bob Dylan che fa un concerto in un palazzetto con diecimila persone, una macromolecola “piccola” peserebbe quanto tutto il pubblico messo assieme.
Per considerarli come una singola unità, come un singolo “macrospettatore”, il nostro Bob non dovrebbe far altro che chiedere alle persone del pubblico di prendersi tutte per mano, diventando un’unica catena. Questo è, in realtà, il modo più semplice per formare delle macromolecole: far unire tra loro moltissime unità di dimensioni standard. Se gli spettatori, prendendosi per mano, danno origine a un unico poli-spettatore, così le molecole – dette monomeri, dal greco -méros, che vuol dire “parte” o “costituente” – danno origine a un polimero.

 

La struttura della ballata e gli omopolimeri

Il nostro Bob, come molti altri abili chansonnier dediti alla forma della ballata (e in Italia ne abbiamo avuti di straordinari), compie quest’operazione di concatenazione non solo con il suo pubblico ma anche con le sue strofe. Se ascoltiamo Desolation Row, ma in realtà qualunque ballata, ci accorgiamo che l’unità costitutiva del brano – la strofa musicale, chiamiamola “A” – è sempre la stessa e si ripete molte volte sempre uguale: potremmo indicare quindi il brano con la formula di struttura

A-A-A-A-A…..

che è esattamente il modo con cui indichiamo la struttura degli omopolimeri, ovvero quei polimeri formati da unità tutte uguali fra di loro che si ripetono. Come se, nel pubblico dell’esempio precedente, gli spettatori fossero tutti gemelli.
Sicuramente ciascuno di noi ha incontrato e incontra quotidianamente una grande quantità di omopolimeri. Se vi guardate attorno ora, ovunque vi troviate, ne siete circondati: polietilene, polistirene, polipropilene, nylon… insomma la stragrande maggioranza della plastica che abbiamo attorno e che usiamo tutti i giorni.

 

Macromolecole in natura

Anche in natura esistono delle macromolecole e, come immaginerete, l’evoluzione non compone delle ballate ma si dedica alla forma compositiva della suite: strofe diverse che si concatenano tra loro, ognuna con la sua unicità, a conferire proprietà uniche al brano, proprietà che derivano dalle – e sono più delle – proprietà dei singoli componenti. Proteine e acidi nucleici – come il DNA e l’RNA – sono macromolecole biologiche che hanno questa peculiarità, e oltre alla già discussa funzione strutturale ne portano una nuova: quella informativa.
Risulta chiaro che il comportamento di una massa sconfinata di persone che si tengono tutte per mano è molto diverso da quello di una singola persona, così come l’efficacia di una singola strofa è modificata dal contesto del brano in cui si colloca. Le singole molecole, nell’atto della polimerizzazione – ovvero quando si prendono per mano – perdono molta della loro libertà di movimento e di azione, ma hanno il grande vantaggio di diventare parte di un tutto, di una massa fluida e al contempo solida, che significa qualcosa di più della somma dei singoli.
La coesistenza di questi aspetti – solidità, malleabilità e contenuto informativo – conferisce alle macromolecole, alle canzoni e alle masse di persone che si tengono per mano, ciascuna con la sua unicità, importanti funzioni strutturali nella grande composizione che è la Vita.

Michele Di Lauro
Michele Di Lauro
Michele Di Lauro lavora come post-doc all’Istituto Italiano di Tecnologia di Ferrara. Laureato in Fotochimica e Materiali Molecolari (2012) e Dottore di ricerca in Medicina Molecolare e Rigenerativa (2017), attualmente la sua attività di ricerca è incentrata sulla progettazione e la realizzazione di dispositivi elettronici organici impiantabili per il sistema nervoso centrale. Tiene un corso di Scienza delle Superfici nell'ambito del master post-universitario in "Materiali e prodotti polimerici per il settore biomedicale" della Fondazione Alma Mater di Bologna. Si occupa attivamente di divulgazione scientifica: dal 2010 è membro del comitato “Conoscere la Chimica” dell’UNIBO e dal 2012 progettista delle attività didattiche per il Festival della Scienza di Genova. Chitarrista dal 1998, ad oggi insegna chitarra elettrica ad indirizzo Rock-Metal presso l'Istituto di Alta Formazione Musicale di Bologna e continua a perferzionarsi nello studio dello strumento e della didattica musicale presso l'accademia Lizard di Fiesole, milita in due band Metal/Progressive con all'attivo 3 dischi e diverse partecipazioni a festival musicali nazionali e internazionali. È autore di 17 pubblicazioni in riviste scientifiche internazionali, coautore del lemma “Elettronica Organica” nell’Enciclopedia Italiana Treccani.

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