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15 Feb 2022

Un nuovo “mostro” dal Cambriano

Marco Signore

Marco Signore
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Opabinia regalis è uno degli animali più significativi e famosi dei depositi canadesi di Burgess Shale (Columbia Britannica), datati circa 508 milioni di anni fa (Cambriano medio).
Si tratta di un piccolo organismo, ora classificato come parte della linea evolutiva degli artropodi, evidentemente adattato al nuoto e provvisto di una corta proboscide terminante in una sorta di chela, con ben cinque occhi.
Faune fossili come quelle di Burgess sono state ritrovate in diverse parti del mondo, con organismi simili tra di loro; ma Opabinia resiste ostinatamente come animale unico dei giacimenti canadesi. Un recentissimo studio, tuttavia, potrebbe aver identificato un parente stretto di questa incredibile forma di vita del Cambriano.

 

Un nuovo organismo: Utaurora

La formazione Wheeler, nello Utah, è praticamente coeva a Burgess Shale, e presenta anche una fauna molto simile, con generi già descritti per gli strati canadesi, come Wiwaxia, un organismo corazzato e armato di lunghe lame, oppure l’iconica Hallucigenia. Tra i fossili conservati nel giacimento eccezionale dello Utah, ce n’è uno che già nel 2008 fu interpretato come Anomalocaris, forse il più grande predatore dei mari del Cambriano medio. Recentemente, tuttavia, un gruppo di studiosi ha riesaminato questo fossile utilizzando procedure statistiche di analisi per ricostruirne la parentela, e in questo modo Stephen Pates e i suoi colleghi, autori della pubblicazione, hanno proposto un nuovo nome da aggiungere alla famiglia Opabiniidae, che per ora include solo Opabinia.
Il nuovo organismo è stato battezzato Utaurora, combinazione di Utah e Aurora, la versione latina della dea Eos, che chiese di trasformare il suo compagno Titone in una cicala, dato che aveva per lui ottenuto l’immortalità ma non l’eterna giovinezza. Il fossile non è conservato bene quanto i migliori esemplari di Opabinia, ma mostra comunque affinità sia con Anomalocaris che (in misura minore) con Opabinia.

 

Calcoli filogenetici

Nell’esemplare esaminato nello studio si vedono chiaramente i lobi natatori, le branchie e le lame del ventaglio caudale, molto più numerose di quelle di Opabinia (sette paia in questo caso, contro tre del fossile di Burgess). Nella zona della testa c’è qualcosa che potrebbe essere interpretato come proboscide, e sembra possibile identificare uno o due occhi. Di fatto, le affinità morfologiche avevano giustificato l’attribuzione di questo organismo al genere Anomalocaris, ignorando del tutto la comparazione con le caratteristiche davvero uniche di Opabinia.
Tuttavia, pur ammettendo che dal punto di vista filogenetico le loro conclusioni sembrano un po’ deboli, Pates e i suoi colleghi hanno usato approcci e modelli matematici per giustificare invece l’attribuzione di Utaurora agli Opabiniidae.

 

Confronto tra Opabinia regalis e Utaurora comosa. Crediti: Stephen Pates, Joanna M. Wolfe, Rudy Lerosey-Aubril, Allison C. Daley and Javier Ortega-Hernández, Proceedings of the Royal Society B, 2022.

 

 

Opabinia non è più sola?

Proprio dall’analisi di questi modelli matematici, gli autori del lavoro pubblicato su Proceedings of the Royal Society B hanno eretto un nuovo genere, appunto Utaurora, cercando così di dimostrare la possibilità che gli opabinidi fossero più diffusi di quel che finora si sospettava. Sulla base di alcuni caratteri, tra cui la possibile proboscide, Utaurora costituirebbe quindi una prova che gli straordinari e poco conosciuti opabinidi fossero diffusi almeno nella parte settentrionale del Nord America e non confinati a pochissime aree della Columbia Britannica. Attendiamo conferme, dunque, ammettendo che nonostante le nuove scoperte, sappiamo ancora troppo poco della cosiddetta “esplosione cambriana”.

 

 

Immagine di copertina: copyright Junnn11 – Wikimedia

Marco Signore
Marco Signore
Laureato a Napoli in Scienze Naturali, PhD all'Università di Bristol in paleobiologia con specializzazioni in morfologia e tafonomia, è nella divulgazione scientifica da quasi 20 anni, e lavora presso la Stazione Zoologica di Napoli "Anton Dohrn". Nel tempo libero si occupa anche di archeologia, oplologia, musica, e cultura e divulgazione ludica.
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