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08 Mar 2021

Filomena Nitti: un Nobel scippato al Sud

Francesca Buoninconti

Francesca Buoninconti
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Nei primi giorni dell’ottobre del 1957, Filomena Nitti e Daniel Bovet lavorano nel laboratorio di chimica terapeutica dell’Istituto Superiore di Sanità, a Roma. Sono due “star” nel loro campo, conosciuti in Italia e in Europa, e il 7 ottobre vengono raggiunti da una telefonata dal Karolinska Institutet svedese. Il motivo di quella telefonata è subito chiaro: il premio Nobel per la medicina e la fisiologia è stato assegnato al biochimico svizzero Daniel Bovet. A lui soltanto. Mentre a Filomena Nitti, compagna di vita e di lavoro, non resta che applaudire.

 

Filomena Nitti Bovet: una scienziata dimenticata

Se vi state chiedendo chi è Filomena Nitti è perché è una delle scienziate italiane, a torto, dimenticate. Una scienziata del Sud che in vita è riuscita a tenere a bada due cognomi ingombranti, appartenenti ai due uomini a lei più cari: suo padre e suo marito.
Filomena Nitti nasce a Napoli il 10 gennaio 1909, ultimogenita di Antonia Persico e Francesco Saverio Nitti: meridionalista, ministro sotto il governo Giolitti e Presidente del Consiglio nel 1919. Con l’ascesa del fascismo, però, la vita tra Napoli, Roma e Acquafredda di Maratea, per i Nitti si fa sempre più difficile. Tanto da costringerli all’esilio, prima a Zurigo, e poi a Parigi.
Nella capitale francese Filomena Nitti finisce il liceo e si laurea specializzandosi in chimica biologica. Ed è qui che la sua vita cambierà per sempre. Nel 1938 entra prima come “ospite” – cioè ricercatrice non pagata – e poi come borsista nel prestigioso Istituto Pasteur, nel laboratorio di chimica terapeutica, dove lavora anche suo fratello Federico insieme al biochimico Daniel Bovet. Filomena ha 29 anni, Daniel Bovet 31. E sin da subito, tra loro l’intesa è totale: professionale, umana e sentimentale. Tanto che i due si sposeranno nel giro di un anno.
In farmacologia Filomena Nitti, Federico Nitti e Daniel Bovet formano un trio eccezionale: studiano i sulfamidici e la penicillina, e il loro effetto battericida; capiscono che l’istamina ha un ruolo fondamentale nello scatenare le reazioni allergiche; e scoprono la pirilamina, antagonista dell’istamina, mettendo a punto il primo farmaco antistaminico. Filomena poi si specializzerà anche sugli effetti del veleno di alcuni serpenti, progredendo nel campo della fisiologia e dei trattamenti, con l’idea, prima o poi, di tornare in Italia. Il tutto senza dimenticare l’impegno politico e civile: nel bel mezzo del secondo conflitto mondiale i tre producono e inviano ai soldati al fronte 200.000 fiale di siero antitetano e una tonnellata di sulfamidici.
A conflitto finito, nel 1947, per i Nitti si apre finalmente la possibilità di tornare in Italia e di lavorare nel neonato laboratorio di chimica terapeutica dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che Domenico Marotta vuole far dirigere a Daniel Bovet.
Purtroppo però Federico muore all’improvviso di tubercolosi fulminante. E arrivati all’ISS, Daniel e Filomena continuano comunque il loro prezioso lavoro: studiano anestetici e rilassanti muscolari, i curari di sintesi, la succinilcolina e una serie di sostante attive sul sistema nervoso centrale. A Filomena in laboratorio spettano tutti i compiti più difficili per la buona riuscita degli esperimenti: misurazioni e preparazioni in cui occorre molta manualità e precisione. Tutti i lavori di Bovet portano anche la firma della Nitti, che all’ISS ha pure il compito “materno” di accogliere e formare i nuovi apprendisti e ricercatori.

 

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Un Nobel che ignora le donne

Un anno dopo il loro arrivo in Italia, nel 1948, Nitti e Bovet pubblicano “la bibbia della chimica terapeutica”: un manuale in cui sono spiegati meticolosamente i meccanismi d’azione dei farmaci conosciuti, nonché le loro ricerche. Il loro lavoro segna svolte importanti nella storia della medicina, ma nel 1957, Stoccolma decide di assegnare il Nobel per la medicina e la fisiologia solo a Bovet. Ignorando il lavoro della Nitti (che morirà il 7 ottobre del 1994) e scippando un premio Nobel al Sud Italia.
Non possiamo sapere se senza sua moglie Bovet avrebbe ottenuto gli stessi risultati. Ma possiamo dire che dal 1901 a oggi, il Nobel per la medicina è stato assegnato a 210 uomini e solo a 12 donne. Una statistica quanto meno iniqua.

 

 

Immagine: copyright di Francesco Dabbicco

Francesca Buoninconti
Francesca Buoninconti
Naturalista e giornalista scientifica, è in redazione e al microfono di "Radio3 Scienza", il quotidiano scientifico di Radio3 Rai. Scrive di natura e clima per diverse testate, tra cui Il Bo Live e Il Tascabile; e racconta la natura ai ragazzi su Rai Gulp per "La Banda dei Fuoriclasse". È anche autrice di Senza confini. Le straordinarie storie degli animali migratori (Codice), tradotto in tre lingue, e coautrice di Mezzogiorno di scienza. Ritratti d’autore di grandi scienziati del Sud (Edizioni Dedalo).
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