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18 Mar 2017

La rana fluorescente

Marco Signore

Marco Signore
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In passato ci è già capitato di parlare di organismi fluorescenti. L’abilità di emettere luce a lunghezze d’onda maggiori di quelle assorbite è tipica di diversi animali, ma il numero di specie a noi note con questa capacità sta aumentando sempre più grazie al progresso delle tecnologie accessibili agli studiosi; persino nei tetrapodi – cioè nei vertebrati con quattro arti – la fluorescenza si sta rivelando meno improbabile di quanto si credesse prima.

In passato ci è già capitato di parlare di organismi fluorescenti. L’abilità di emettere luce a lunghezze d’onda maggiori di quelle assorbite è tipica di diversi animali, ma il numero di specie a noi note con questa capacità sta aumentando sempre più grazie al progresso delle tecnologie accessibili agli studiosi; persino nei tetrapodi – cioè nei vertebrati con quattro arti – la fluorescenza si sta rivelando meno improbabile di quanto si credesse prima.

Fino a oggi, gli studi sul campo ed in laboratorio avevano infatti scoperto l’uso della fluorescenza nei pappagalli, e solo due anni fa anche nelle tartarughe, sebbene moltissimi organismi marini fluorescenti siano noti alla scienza. Da poco è stata invece registrata la fluorescenza anche nelle rane: una specie di rana arboricola sudamericana è infatti stata descritta come il primo anfibio fluorescente della zoologia.

 

Colori nascosti

Le rane arboricole sono anuri di piccole dimensioni adattati alla vita sugli alberi invece che direttamente in prossimità di specchi d’acqua dolce; gli adattamenti alla vita tra i rami includono cuscinetti adesivi sulle dita delle zampe, e la stereopsia, cioè la capacità di usare entrambi gli occhi sulla stessa immagine, aumentando così di molto la percezione della profondità e la determinazione della distanza di un oggetto – esattamente come noi umani; incidentalmente, questa abilità permette anche di scoprire altri animali mimetizzati, quindi è ottima sia per trovare prede che per sfuggire ai predatori.

La piccola rana sudamericana Hypsiboas punctatus possiede le caratteristiche tipiche della sua famiglia di rane arboricole, più altre particolari come la pelle translucida e un tessuto contenente piccoli cristalli attorno alla vescica. Ebbene, si è scoperto che quando Hypsiboas viene illuminata con luce ultravioletta, diventa luminosa essa stessa, emettendo una brillante luce verde/azzurra.

 

Luci nel buio

Questa scoperta, unita alla presenza di caratteristiche peculiari condivise da Hypsiboas e da altre specie di rane, ha aperto la strada a una nuova prospettiva eco-etologica di molti anfibi: se, infatti, questi animali sono in grado di usare la fluorescenza – e quindi di diventare molto visibili al buio (almeno per le altre rane) – vuol dire che questa spettacolare forma di “auto-illuminazione” deve giocare un ruolo importante non solo nel comportamento e nella fisiologia ottica dei piccoli anfibi, ma probabilmente anche più in generale nell’ecologia degli ecosistemi terrestri.

Un nuovo mondo, quindi, si sta aprendo davanti ai nostri occhi – un po’ più simile al fantascientifico mondo immaginato nel film Avatar da James Cameron: e non deve meravigliarci più di tanto, dato che il grande regista è un noto appassionato (e finanziatore) delle ricerche nel campo della biologia marina.

Marco Signore
Marco Signore
Laureato a Napoli in Scienze Naturali, PhD all'Università di Bristol in paleobiologia con specializzazioni in morfologia e tafonomia, è nella divulgazione scientifica da quasi 20 anni, e lavora presso la Stazione Zoologica di Napoli "Anton Dohrn". Nel tempo libero si occupa anche di archeologia, oplologia, musica, e cultura e divulgazione ludica.
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